La regista Lyda patitucci nell’intervista spiega le difficoltà di fare un noir credibile, chi siano i suoi modelli e quanta scelta ci sia per ruoli come quello protagonista. Come pecore in mezzo ai lupi esce al cinema il 13 luglio grazie a Fandango.

Lyda Patitucci e Filippo Gravino, regista e sceneggiatore di Come pecore in mezzo ai lupi (leggi la recensione), li ha messi insieme Groenlandia, come i produttori d’altri tempi, dopo aver collaborato con loro in diversi progetti. La prima tra le altre cose è stata regista di seconda unità di Smetto quando voglio, Veloce come il vento e Il primo re e ora fa il suo esordio nel lungometraggio con questo film; il secondo ha scritto Il primo re, Romulus e Veloce come il vento.

Lo script quindi è originale di Gravino mentre Lyda Patitucci, che sta lavorando anche ad un altro progetto, ha accettato di dirigere, percependo storia, atmosfera e personaggi nelle sue corde. Il risultato è un noir che somiglia ad un polar, cinema poliziesco che guarda al cinema francese ma poi ha tutta una solidità italiana: “Matteo [Rovere, produttore di Groenlandia ndr] mi ha proposto questa sceneggiatura, conoscendomi e sapendo un po’ quello che è il tipo di film che che amo, e anche in considerazione del fatto che anche sui film di Filippo avevo già lavorato tanto. È stato come unire dei figli quasi”.

Per tematiche e tipo di svolgimento, una storia familiare in mezzo ad una di genere, è molto Groenlandia…

“Guarda piaceva anche molto a Matteo [Rovere ndr], avrebbe potuto forse farla anche lui, e per le stesse ragioni ha conquistato me: la storia di due fratelli. La relazione fratello/sorella è molto poco indagata nei film rispetto alle altre. E poi ovviamente tutta la cornice intorno mi permette di cimentarmi con quel tipo di regia che ho coltivato in questi anni, quella un po’ più tecnica e d’azione”.

Il film ha il passo dell’azione anche se alla fine nel film la scena d’azione però, sostanzialmente, è una…

“Esatto, alla fine. Anche se ci puoi aggiungere la breve rapina dell’inizio. È più una cornice….”

Come pecore in mezzo ai lupi ragonese arcangeli
foto Andrea Pirello

Avrei detto il contrario! Non mi pare sia un film su due fratelli con una cornice poliziesca, ma un film realmente poliziesco che usa due fratelli per mandare avanti l’intreccio. Cioè mi sembra che l’elemento crime, il tipo di mondo, il tipo di disperazione dei personaggi, il tipo di contrasti che li animano, sia più rilevante di tutto. No?

“Certo. Rimane però che  comunque ci sono due fratelli protagonisti. Lo dico perché se all’interno di questa stessa identica cornice ci fosse stata una storia d’amore più classica forse avrebbe acceso una scintilla diversa. Io non ho scritto la sceneggiatura e per lavorarci, specie visto che è il mio primo film, doveva avere una linea che mi colpisse, se vogliamo anche proprio una dichiarazione di intenti. E per me è questa relazione così poco raccontata”.

Per un ruolo come quello di Vera in Come pecore in mezzo ai lupi, duro, poliziesco e lontano da quello cui le attrici italiane sono abituate, c’è molta scelta? Avete scelto Isabella Ragonese che ha il profilo giusto ma qualora non avesse potuto lei avevate molte alternative?

“Considera che per ragioni di budget, proprio per sbloccare i finanziamenti, la protagonista deve essere un nome di richiamo. Non possiamo scegliere chiunque e no, non c’è grande scelta. È un parco di attrici molto molto molto limitato. Tantissime sono state relegate allo stesso tipo di genere per anni, e se non sei una diciottenne o una ventenne ma hai già consolidato anche una tua immagine con il pubblico, farti uscire e portarti in un altro immaginario e un altro ruolo è una piccola sperimentazione. Affidarsi a una esordiente per una cosa simile non è per nulla scontato, anche se poi non fa che dimostrare che se vengono date alle attrici possibilità di fare ruoli diversi dal seminato non solo possono essere credibili, come è Isabella, ma anche a portare un tutto il passato che hanno sulle spalle e metterlo dentro a quel ruolo”.

Ma c’è voglia? Quando cerchi attrici per un ruolo come questo c’è reticenza o arrivano molte proposte?

“C’è tantissima voglia. Soprattutto per attrici come Isabella, ha avuto un grandissimo entusiasmo nel farlo e l’ha visto come un’opportunità”.

Lyda Patitucci regia intervista
foto Andrea Pirello

Per problemi nostri, di storia del nostro cinema e di film che abbiamo girato negli ultimi 30 anni facciamo sempre fatica a immaginare queste storie in Italia con le figure italiane con la polizia italiana, con i carabinieri… Effettivamente è qualcosa che voi vi ponete nel fare un film simile?

“Tanto”. 

E come l’hai risolto in Come pecore in mezzo ai lupi? 

“Ho lavorato forse un po’ in sottrazione, approfittando di quello che lo spettatore già conosce riguardo alle storie crime senza dover andare a sottolineare certi meccanismi, che poi tanto più li racconti più metti in crisi la credibilità, perché se ci insisti diventa di colpo tutto poco plausibile. Ci siamo scontrati tanto per raggiungere la credibilità. Per me la chiave è stata di andare a valutare anche le nostre possibilità effettive, proprio realizzative, cosa potevamo permetterci, in fondo questa è una storia piccoli e quindi possiamo permetterci solo di accennare certi codici e certi gesti di genere”.

Alla fine sembra che l’ispirazione più che il cinema americano sia quello francese...

“Loro per me sono il modello assoluto. Ma anche in Spagna ci sono tante cose interessanti. Amo anche il cinema americano ma non ha senso prenderlo come modello, non solo per grandezza ma anche perché abbiamo proprio una narrativa interna e intima che è diversa. Semmai ha senso misurarmi con la cinematografia europea nella quale i francesi sono maestri, adoro Bac Nord o I miserabili, insomma tutto da Besson in giù. Però in assoluto proprio, penso che un film come La Horde noi possiamo tranquillamente ambire a fare”.

come pecore isabella ragonese
foto Andrea Pirello

Cosa intendi quando dici che hai coltivato una regia tecnica? Cosa hai girato quando facevi la seconda unità dei film Groenlandia?

“Ogni lavoro è stato diverso. Per esempio su Veloce come il vento come noto giravamo le scene di corsa in macchina durante le reali corse del campionato GT e quindi a Matteo serviva un regista di seconda unità che girasse in contemporanea lui durante queste fasi”.

Quindi giravate lo stesso tipo di scene?

“Esatto e poi anche tutto quello che c’è da fare a livello di ricostruite, che richiede una preparazione complessissima”.

Intendi quando poi a margine del campionato dovevate girare scene di finzione in auto da integrare?

“Esatto. Immagina che la macchina che noi avevamo vestito con i colori del film nella realtà arriva ultima nella gara o non si qualifica ma noi, per la trama, abbiamo bisogno che arrivi prima, in quel caso dovevamo filmare i sorpassi e il circuito a parte. Era complicato e lo facevamo in due perché le scene d’azione hanno una componente tecnica molto molto pesante e richiedono molta più preparazione e pre-produzione della media, che poi è esattamente quello che nel sistema italiano non ha uno spazio: il lavoro di settimane necessario a coprire questa parte. Matteo Rovere ha l’intelligenza non solo autoriale e creativa, ma anche produttiva giusta per capire che gli poteva servire una seconda regista, copiando quello che si fa altrove. Invece su Il primo re ho fatto anche di più, a partire dallo studio delle battaglie e dei costumi, delle armi… Per poi pianificare e coreografare gli scontri insieme agli stunt e, di nuovo, quando giravamo lo facevamo insieme a due, solitamente Matteo seguiva Remo e io gli altri” 

Giravate in contemporanea senza riprendervi a vicenda??

“È quello il divertimento! Il doppio incastro”.

Hai un altro progetto cui stai lavorando?

“Sì, ho in sviluppo un film di fantascienza con Propaganda, la società di Marina Marzotto, si intitola 616. E poi un giorno mi piacerebbe fare un film tratto dalla serie di romanzi di Mila scritti da Matteo Strukul. Avevo girato anche un teaser (15 anni fa) per farmelo produttore”.

Che cos’è?

“Storia di una cacciatrice di taglie e vendicatrice in epoca attuale. Quando avevo fatto quel teaser l’avevo declinato in una maniera abbastanza aderente a una graphic novel, pensata con il fumettista Alessandro Vitti che ne stava facendo la declinazione a fumetti. Avevamo proprio immaginato che il personaggio passasse da un mezzo all’altro. Adesso se lo dovessi riproporre cercherei di trovare una chiave più realistica. Sono passati 15 anni, quindi si è trasformato il mondo e anche di storie ne abbiamo viste tanto fumettose, senza contare che anche la mia immaginazione è cambiata”.

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