C’è un amico ingombrante, ricco, potente e strafatto di antidolorifici nella vita della coppia protagonista, uno che vuole essere parte della loro famiglia, che li aiuta ma è troppo entrante. Vuole confidenza, si presenta di notte in cerca di medicinali, regala case intere al pari di lavori che da un momento all’altro può levare. Potrebbero essere le premesse di un thriller vecchio stampo, invece sono le premesse di un film girato intorno al suo protagonista, ad uso e consumo dell’immagine da attore di Richard Gere, parabola buonissima in cui nel cuore del ricco e potente si nasconde un trauma (chiaro agli spettatori fin dall’inizio) e quindi, implicitamente, una promessa di redenzione da mantenere a tutti i costi entro fine film.
Franny è un film vecchio che sa di vecchio, stantìo e immobile, per questo imperdonabile ad un esordiente come è Andrew Renzi, regista e sceneggiatore, di un film tanto innocuo quanto dipendente dal suo protagonista per la sua stessa esistenza. Se a G...
Il tentativo di Richard Gere di tornare nel cinema attraverso un indipendente si scontra con Franny, un film vecchissimo che dipende da lui per esistere
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