La recensione del film romantico di Netflix, La probabilità statistica dell’amore a prima vista, disponibile dal 15 settembre

La fabbrica delle commedie romantiche di Netflix ogni tanto si inceppa, sbaglia e produce un esemplare diverso da tutti gli altri: un film bello. La probabilità statistica dell’amore a prima vista è esattamente quello, un film che in teoria risponde al modello base dei film che Netflix sforna senza sosta tutti uguali, ma che è anche pieno di deformità, storture e piccoli grandi scarti dal normale che lo rendono tenero. Seriamente. La storia viene da un romanzo per ragazzi dallo stesso titolo e racconta di due studenti che si incontrano per caso su un aereo in partenza e si innamorano al volo (doppio senso involontario). Ci sono però diversi intoppi che potrebbero impedire ai due di rivedersi e coronare l’amore se non fosse per un destino che fornisce continuamente spallate e aiuta gli amanti nella forma di una narratrice onnipresente. 

Tutto secondo i piani, tutto secondo gli schemi soliti, inclusa la maggiore centralità della storia di lei rispetto a quella di lui e una blandissima trama del secondo matrimonio di un padre che va accettato. Tuttavia fin dall’inizio nell’ingranaggio si inseriscono un paio di variabili impreviste. Sono Vanessa Caswill e Haley Lu Richardson. La prima è la regista che con la mano sinistra organizza un look pienamente Netflix per il film (non solo i colori saturi ma anche il continuo ricorso a mezzi busti e primi piani) mentre con la destra sabota il montaggio indugiando molto più del comune sui piani d’ascolto, sulle facce di chi guarda e non sta parlando, facendo così in modo che il grosso dei sentimenti non passi per le parole ma per i volti. La seconda invece è la protagonista, già vista in White Lotus, che sembra avere capito tutto.

Già quattro anni fa con il film di amore & malattia letale A un metro da te, aveva dimostrato di non essere una delle molte attrici usa e getta da film romantico per ragazzi, adesso conferma e fa un salto in avanti in un film la cui scrittura offre pochissimo di complicato e in cui è lei a crearselo. Il suo personaggio ha uno sguardo verso la controparte che da subito racconta cosa sia l’amore a prima vista e, indirettamente, un bisogno di amare potentissimo. Lungo tutti gli alti e bassi del film Haley Lu Richardson sarà in grado di sfumare sempre di poco i sentimenti, di contaminare la tristezza con la difficoltà a capire cosa accada, la preoccupazione con un senso di ineluttabile rassegnazione e via dicendo… Tutto per accrescere la sete d’amore.

Per questa attrice sembra non esistano mai emozioni semplici e dirette e, a differenza di Ben Hardy (che è veramente stolido), è chiaro che sa molto bene che il racconto di qualcosa di romantico se non può passare da un immaginario visivo sufficientemente potente (non è questo proprio il caso), allora deve passare dall’evidenza di emozioni non uguali a tutte le altre ma uniche e personali. Per dirlo in un’altra maniera: dal fatto che il personaggio provi i sentimenti di tutti in una maniera che è solo sua. Alla fine di La probabilità statistica dell’amore a prima vista non avremo quindi solo visto una storia ben raccontata e convincente, ma avremo anche ammirato l’interiorità di una ragazza che, a differenza del solito, sembra rassegnata a non meritare l’amore che le è capitato e che quando tutto pare perduto ha un’aria da ennesima sconfitta che renderà poi ancora più concreto e vero il coronamento del tutto.

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