La recensione di Me And The Beasts, il film presentato a Locarno nella sezione Open Doors

La trovata più bella di Me and The Beasts, sono proprio queste bestie, cioè degli spettri dell’ispirazione e della dedizione alla musica, che arrivano nella forma di monaci come da un altro pianeta, come usciti da un film di fantascienza camp (tutti gialli e bianchi) e suonano insieme al protagonista quando si chiude in un appartamento per registrare in autonomia, finalmente, il suo primo disco. È una di quelle trovate attorno alle quali vale la pena immaginare un film.

Le bestie sono silenziose, spazzano anche per terra se serve, suonano strumenti, accompagnano e come session men realizzano il disco. Sono l’espansione della creatività del protagonista, fuoriuscito da una band ad inizio film per divergenze politiche, diventato solista ma in difficoltà con il suo vero lavoro. Deve trovare il tempo di fare questo disco, non è più il momento dei compromessi. Come Llewyn Davis dei fratelli Coen ...