Pet Sematary
di Kevin Kolsch, Dennis Widmyer
9 maggio 2019
Si può ragionevolmente affermare che dopo decenni in cui le storie di Stephen King hanno cambiato la narrativa di paura sia al cinema che in letteratura, forse per un adattamento (specie se remake di un altro adattamento) forse è necessario qualcosa di più di un horror convenzionale.
Si può inoltre ragionevolmente affermare anche che mettere in scena i soliti luoghi comuni della paura di Stephen King sia ad oggi insufficiente. Non perché non funzionino (alcune idee sono così forti che funzionano quasi matematicamente, come un interruttore per la paura) ma perché ci siamo abituati, sono parte dell’immaginario comune e li abbiamo digeriti. Non colgono più di sorpresa ma colpiscono là dove lo spettatore già ha eretto delle difese. Adattare King senza puntare sui soliti meccanismi horror è stato il segreto del nuovo IT, quasi una rilettura di come si può adattare quello scrittore essendo contemporaneamente molto fedeli e molto anche innovativi (all’interno del campo dei film tratti da
Adagiato sulle convenzioni che già conosciamo di Stephen King, Pet Sematary fa un lavoro molto blando sul testo tirandone fuori sempre le solite componenti
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