Alla fine Brooklyn è una tenera storia d’emigrazione, un film che esalta l’America, terra in cui letteralmente costruire il proprio futuro ed essere liberi, non solo a livello legale ma soprattutto dai legami con il passato, il paese dei nuovi inizi per eccellenza. Sarebbe davvero difficile non leggere in questa storia di una ragazza di provincia irlandese degli anni ‘50 mandata dalla famiglia a New York per fare una vita migliore, l’esaltazione della terra delle opportunità, ovvero la più fastidiosa e trita tra le retoriche possibili di Hollywood. Tuttavia sarebbe ancora più miope negare il piacere che questo melò poco tragico e molto intimista, solare e positivo, pieno d’ardimento e voglia di fare, è in grado di procurare.
C’è Nick Hornby dietro l’adattamento del romanzo di Colm Toibin, e si sente.

Siamo dalle parti della dolce elegia, della suadente nostalgia e dell’indomito coraggio dei “nostri nonni”. Perchè mentre il melo classico è slegato dal...