La recensione di Vite vendute, il nuovo film diretto da Julien Leclercq, in streaming su Netflix dal 29 marzo.
Rifare Vite vendute/Il salario della paura è un po’ come rifare Nosferatu. Bisogna vedersela con non uno ma due capolavori: il classico francese di Henri-Georges Clouzot (1953) e il precedente remake firmato William Friedkin (1977). Due film esemplari della capacità del cinema popolare di farsi veicolo “esplosivo” di istanze sociali, riflessioni sul presente geopolitico e sulla stessa natura umana. Il tutto senza dimenticare il cinema, ma offrendo saggi spettacolari su come costruire la tensione, come far detonare i conflitti personali in situazioni estreme, come creare con pochi tratti personaggi memorabili. Nulla di tutto questo si trova in Vite vendute. E probabilmente non era giusto pretenderlo. Ma è deprimente leggere “quel” titolo sprecato su un film così vuoto e spento, che fallisce anche solo nel compito minimo di offrire del decoroso intrattenimento.
La trama dei tre...
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