Delta Force è su Amazon Prime Video

Per una fetta sempre crescente di popolazione appassionata di cinema e dintorni, Chuck Norris è ormai prima di tutto un meme; chi ha qualche anno in più lo associa magari a Walker Texas Ranger, e infine c’è una minuscola fetta di pubblico che si ricorda quando Carlos Ray Norris faceva ancora film, nella speranza di potere un giorno diventare una star dell’action come Stallone, Schwarzenegger e Van Damme. Erano i primi anni Ottanta, e Norris aveva appena stretto un sodalizio con Menahem Golan e la sua Cannon: il produttore e regista israeliano vedeva in lui un potenziale “nuovo Clint Eastwood” e fece di tutto per far fare lo sperato salto di qualità a un attore che fin lì era noto soprattutto per avere fatto a botte con Bruce Lee nell’ultimo film uscito prima della morte dell’attore. Rombo di tuono fu il primo tentativo, e Delta Force quello più convinto. Il risultato, purtroppo, è la dimostrazione plastica del perché Norris non è mai diventato un vero gigante, ed è rimasto confinato in un ruolo a metà tra la star da direct-to-video e il meme vivente.

Delta Force e le tigri di carta

C’è una dichiarazione di Chuck Norris riportata su Wikipedia, che cita a sua volta un articolo del 1986 del Toronto Star nel quale il personaggio di Scott McCoy viene definito “un Rambo intelligente”, e che aiuta a capire come mai Delta Force sia uscito com’è uscito. La traduciamo qui per comodità: “Sono stato in giro per il mondo, e ho visto la devastazione che il terrorismo ha portato in Europa e in Medio Oriente, e so che alla fine arriverà anche da noi. È solo questione di tempo. […] Essere un Paese libero, con la libertà di movimento che abbiamo, significa aprire la porta al terrorismo”. Altrove, sempre Norris parlava degli Stati Uniti di fine anni Ottanta come una “tigre di carta” in Medio Oriente: “Il nostro approccio passivo al terrorismo non farà altro che istigare altri atti terroristici ini giro per il mondo”.

Delta Force Chuck

Ora: Delta Force è scritto da Menahem Golan e dal suo collaboratore James Bruner; Norris compare solo come attore, e non risulta che abbia avuto voce in capitolo in fase di scrittura. Ma se mettete insieme le dichiarazioni succitate con il film in sé, vi renderete conto che nella peggiore delle ipotesi Norris ha esultato come un bambino quando ha letto lo script, e nella migliore ha sicuramente detto la sua e contribuito al tono del film. Che è esattamente quello che sembra: trattasi di film di terroristi e agenti speciali antiterrorismo, il cui messaggio principale è “basta diplomazia, basta politica, l’America ha bisogno di uomini forti che compiano azioni decisive, perché i nostri nemici sono l’equivalente moderno dei nazisti”.

A proposito di nazi

La storia di Delta Force è ispirata a un fatto realmente accaduto, il dirottamento, nel 1985, di un volo di linea tra Egitto e Stati Uniti via Grecia e Italia, a opera di un gruppo di terroristi appartenenti a Hezbollah. E siccome lo scopo del film è prima di tutto farci capire che persone orribili siano, il dirottamento è presentato come una per nulla sottile metafora del nazismo. La cronaca dell’evento, per esempio, ci racconta che i terroristi (veri) separarono i prigionieri di origine ebraica dagli altri, facendo scendere i primi dall’aereo appena possibile per imprigionarli in un carcere di Beirut. Questo gesto ha un’enorme importanza in Delta Force, e il parallelo tra Hezbollah e i nazi viene esplicitato più e più volte, anche in modi talmente esagerati da risultare ridicoli: il peggiore è probabilmente il momento in cui si scopre che la hostess Ingrid è di origine tedesca, e si rifiuta di dividere i passaporti dei passeggeri in “ebrei” e “non ebrei” urlando letteralmente “sono tedesca! I nazisti! I campi di concentramento! Non lo farò mai!”.

Chuck

Ora: è chiaro che in una vicenda del genere non è difficile distinguere buoni e cattivi – quelli che stanno viaggiando tranquilli in aereo sono i buoni, quelli che li rapiscono, li malmenano, li torturano e in un caso li uccidono sono i cattivi. Quello che fa impressione è quanto Delta Force si impegni a disumanizzarli, riducendo una complessissima questione geopolitica a una banale questione di “i musulmani sono tutti cattivi, per fortuna ci sono gli americani che risolvono le cose (a suon di proiettili e cazzotti)”. C’è dell’odio vero nel film; è un’opera politica prima ancora che un film action.

Chuck Norris nuovo Clint Eastwood?

Da un lato, questo sbilanciamento del film verso il lato politico è dovuto al fatto che Delta Force vuole essere anche una chiamata alle armi, non solo un film divertente. Dall’altro, c’è un motivo molto più banale per cui, per dirne una, la prima sequenza d’azione arriva dopo più di un’ora e Chuck Norris stesso entra davvero in scena ancora qualche minuto dopo. E questo motivo è che Chuck Norris non è Sly, non è Scwharzenegger, non è Van Damme e neanche Steven Seagal: è un ottimo artista marziale con un carisma che gli è cresciuto ultimamente e imposto in parte dall’esterno, e che non ha e non ha mai avuto la stoffa per diventare una star, né la capacità di reggere un intero film sulle sue spalle.

Gruppo

Non a caso è affiancato da gente come Lee Marvin, Robert Vaughn, Robert Forster, Martin Balsam… per essere un film con Norris come protagonista, Delta Force gli concede un minutaggio relativamente basso, e dal canto suo il povero Chuck si impegna, sì, ma non ti lascia mai la sensazione che si sarebbe meritato più spazio. Non è il nuovo Eastwood che sognava Golan, ma non è neanche un protagonista credibile, a dirla tutta. Cioè: c’è un motivo se ha interpretato più film tra il 1972 (anno di L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente) e il 1986 che tra il 1986 e oggi, e Delta Force lo illustra alla perfezione.

Cosa rimane, quindi? Tante esplosioni, tante sparatorie, tanta violenza e un paio di sequenze action di alto livello, annegate però in un mare di retorica e di propaganda. Se pensate che quello stesso anno uscirono anche Cobra, Top Gun, Platoon, Heat… capirete perché oggi Delta Force è ricordato come una simpatica curiosità un po’ razzista più che come un capolavoro del genere.

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