Quando Ren McCormack arriva da Chicago alla piccola cittadina di Bomont si rende conto che il posto è governato da due forze opposte ma ugualmente irritanti. Da una parte c’è il consiglio cittadino, guidato dal reverendo Shaw Moore, in preda ad un panico morale. Dall’altro lato ci sono i figli: giovani cliché ambulanti, dal carattere volubile e petulante. Ragazzi che hanno bisogno di antagonisti, di qualcuno con cui fare a botte. Ragazze senza personalità che si innamorano del primo “diverso” che passa. Ren (Kevin Bacon) ha l’unico merito di venire da fuori e per questo le più popolari a scuola cadono ai suoi piedi. Questo lo rende una mina vagante in Footloose. Un leader fissato con il ballo e con le discutibili note di Kenny Loggins, un giovane ribelle da sopprimere per il resto della città. 

Footloose compie 40 anni. Come direbbe Peter Quill dei Guardiani della Galassia è ancora la grande origin story di un supereroe. Ren è una leggenda che “insegna a una città piena di persone con un manico di scopa infilato nel c**o a ballare”. C’era evidentemente bisogno di una storia così nel 1984. Il film costò 7,5 milioni di dollari e ne guadagnò 80 diventando uno dei maggiori incassi dell’anno nonostante la freddezza dei critici. In quello stesso anno John Huges scriveva Bella in rosa e lo faceva dirigere da Howard Deutch. L’anno dopo arrivava al cinema il suo Breakfast Club. In due anni il modo in cui il cinema leggeva le irrequietezze giovanili cambiava per sempre. Footloose era la vecchia scuola che stava per tramontare. 

Giovani ribelli con la puzza sotto il naso

Nella cittadina di Bomont è impossibile ballare o ascoltare musica diversa da quella classica che “eleva lo spirito”. Tempo prima era accaduta una tragedia. Cinque ragazzi erano morti di ritorno da un concerto, tra cui il figlio del predicatore, un’autorità tra i suoi concittadini in grado di dettare legge. Per evitare ulteriori tragedie i giovani sono costretti a una vita morigerata. Casa, scuola, lavoro. 

La regia di Herbert Ross vorrebbe farci stare dalla loro parte, ma il modo in cui li osserva non fa altro che renderli alieni. Altro che energia giovanile inespressa! Sin dalle prime scene si capisce perché gli adulti abbiano dovuto imporre un coprifuoco ai loro figli. Il principale intrattenimento che ci viene mostrato è condurre attività rischiosissime come trasferirsi da una macchina all’altra restando a metà fino all’ultimo secondo prima di schiantarsi con un camion. I rapporti sociali sono regolati da duelli cavallereschi in stile passo d’arme fatti con i trattori. Colpa della voglia di ballare soppressa, dice il film.

Eppure quando con gran clamore riesce a ottenere il permesso di organizzare un ballo di fine anno, il Ren di Kevin Bacon, quello che cita le sacre scritture e fa gli occhi dolci al consiglio comunale, si dedica per prima cosa a una rissa bestiale con calci volanti e pugni in faccia. Poi, felice come una Pasqua, torna in pista. 

Il tema è la ribellione. Vivere le proprie passioni, dare spazio alla socialità e alla voglia di scoprire dei giovani dovrebbe essere salutare sia per loro che per il paese tutto. Il problema è che Footloose racconta tutto questo dalla prospettiva di un adulto preoccupato anche se fa finta che sia all’opposto. La scrittura non capisce mai veramente i suoi personaggi e li riduce a delle macchiette. Proprio quegli stereotipi su cui, un anno dopo, John Hughes dedicherà una detenzione scolastica per spazzarli via uno ad uno. 

Vagamente ispirato a una storia vera

La principessina disinibita, il bullo, lo strano, il ragazzo cool, gli eroi di Footloose sembrano scritti dal preside di Breakfast Club. Il film funziona quando alza i toni delle paure degli adulti. “Quando i ragazzi ballano insieme diventano sessualmente irresponsabili” è una battuta esilarante. Tanto di quello che dice il predicatore alla congregazione potrebbe essere oggi materia per un remake a tema videogiochi. Il ballo (i giochi violenti) deviano la morale, corrompono la mente, sporcano l’anima, generano delinquenza e così via. Tutto è così assurdo da funzionare come distopia satirica. Il ballo è vietato, ma non si parla e non si pensa ad altro. Andare nei boschi ad amoreggiare eccita i giovani molto meno di una festa in un capannone. 

Footloose

La storia è basata vagamente su quanto accaduto nella realtà nella città di Elmore in Oklahoma. Footloose racconta meglio lo spirito di un’epoca, l’acuirsi della differenza generazionale, rispetto a come mette a fuoco la psicologia dei “ribelli”. Il film è stato girato in Utah, nella scuola superiore di Payson. Generò un po’ di scalpore la scena delle docce. Si diffuse la voce che gli attori erano realmente nudi sul set. Anche se non era vero dato che indossavano asciugamani che coprivano le parti intime. In città nacquero comunque polemiche contro il film. 

Le canzoni di Kenny Loggins, candidate all’Oscar, furono un avanguardistico strumento di marketing per il film. Rilasciata prima dell’arrivo in sala la colonna sonora fece da traino per il pubblico. Footloose non è un musical, ma si muove come se lo fosse. Dedica un grande spazio ai momenti musicali. Si va dal ballo da solo di Ren, che si allontana da tutti per sfogare abusivamente le sue doti atletiche, fino alla sequenza di montaggio in cui tutti si allenano a fare i passi di danza. 

Il film si chiude rapidamente sul gran ballo finale. Non fa capire se le cose siano andate meglio a Bomont da lì in poi. La risposta che suggerisce la sceneggiatura è affermativa, ma sulla base di quello che si è visto non viene da pensare così. La cittadina è in fermento, poche ore prima sono stati bruciati i libri della biblioteca. Una gang riposa stesa dai pugni nel cortile. Ren è un nuovo leader. Sono le premesse per dei disordini.

Footloose parla più degli adulti che dei giovani

Inizialmente Michael Cimino avrebbe dovuto dirigere il film. Il patto con la produzione era di rispettare il budget o di metterci i soldi in eccesso di tasca sua. Durò poco. Uscì dal film in contrasto con la produzione dopo che chiese di riscrivere la sceneggiatura. 40 anni dopo viene da stare dalla parte di Cimino. 

Footloose è stato capace di diventare un cult generazionale ma, visto con lo spirito di oggi, racconta gli adulti molto meglio di quanto faccia con i giovani. L’intero conflitto non si articola sulle passioni, contro le regole e la ricerca di pace. È un braccio di ferro tra due morali ugualmente stupide: l’impedimento a qualsiasi cosa contro il diritto a fare di tutto. Così, paradossalmente, i protagonisti si ritrovano a due terzi di film a fare la morale ai moralisti usando le loro stesse armi. Per convincerli devono citare le scritture, devono alzare il livello di tensione, non riescono mai a instaurare un vero dialogo e una comprensione emotiva reciproca. 

È questa la forza di Footloose, la sua imperfezione, il suo essere fuori dal tempo, in un mondo di finzione distopico e grottesco. Un testo dove il lieto fine non evidenzia le condizioni che permettono un incontro positivo tra generazioni attraverso il ballo, bensì tutti gli elementi che impediscono questo dialogo. L’unico a cambiare le sue convinzioni è il reverendo Shaw Moore. È l’unico che fa un passo indietro e che si mette in discussione. A ben vedere il suo è l’arco narrativo più forte. Non quello di un villain, bensì quello di un eroe in lutto che ritrova se stesso. Il vero protagonista della storia. 

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