Anni di delusioni e progetti attaccaticci messi in piedi solo per racimolare qualche soldo di nostalgia ci hanno messo in guardia contro i remake: la reazione media di chi ama il cinema di fronte alla notizia che un famoso film di qualche anno/decennio fa verrà rifatto con un nuovo regista e un nuovo cast è un sospiro di rassegnazione, e ogni nuova versione di un vecchio classico deve dimostrare non solo di essere valida in quanto film, ma anche di avere un senso considerato che esiste già l’originale. È per questo che quando un remake riesce nell’impresa non solo di accontentare il pubblico medio, ma anche di far felice quello più esigente (e cioè, in sostanza, il fandom dell’originale), bisogna festeggiare due volte. È quello che è successo esattamente dieci anni fa oggi, quando Fright Night – Il vampiro della porta accanto uscì nei cinema e sorprese tutta quella gente che lo aspettava al varco per smontarlo.

A posteriori è molto chiaro come mai Fright Night – Il vampiro della porta accanto abbia funzionato così bene pur essendo un remake vagamente modernizzato e patinato di uno di quei classici intoccabili degli anni Ottanta che sono perfetti così come sono. Al tempo Craig Gillespie era solo il promettente regista di Lars e una ragazza tutta sua; oggi gli Oscar vinti con Tonya e il fatto che sia riuscito a fare un film su Crudelia deMon che non faccia venire voglia di strapparsi gli occhi dalle orbite ne hanno confermato il talento, ma all’epoca prendere un autore indie di commedie surreali per fargli rifare una commedia horror a base di vampiri poteva sembrare un azzardo.

 

Anton Yelchin

 

Meno azzardata già all’epoca era la scelta di far scrivere il film a Marti Noxon. La gente tende ad associare il nome di Buffy l’ammazzavampiri a Joss Whedon, che ha inventato il personaggio, impostato la serie, fatto da showrunner per tutte e sette le stagioni e diretto molti episodi (tra cui quasi tutti i primi e ultimi di ogni stagione), ma il fandom sa che dietro alla serie ci sono altri nomi altrettanto importanti, e che hanno contribuito altrettanto a fare di Buffy una delle opere più rivoluzionarie della storia della TV. Marti Noxon, oltre a essere un’ottima cantante, è uno di questi nomi.

 

 

Produttrice e sceneggiatrice, Noxon ha contribuito almeno quanto Whedon a inventare il linguaggio di Buffy, a definirne i personaggi e a portare avanti la storia; di fatto è cresciuta professionalmente scrivendo di vampiri, e imparando come far convivere la loro natura di creature spaventose e voraci con la necessità di alleggerirne l’impatto e smussarne gli angoli più brutali per metterli al servizio di una storia che debba non solo fare paura, ma anche ridere ed emozionare. La sua impronta è ovunque per tutti i 106 minuti di Fright Night – Il vampiro della porta accanto: nei dialoghi, nelle situazioni di vita quotidiana rese surreali dalla presenza di una creatura che esplode in una nuvola di fumo se si espone al sole, nella caratterizzazione dei personaggi che è più tridimensionale e sfaccettata di quanto ci si aspetterebbe (e anche di quanto sarebbe necessario per far funzionare il film a un livello basico).

E siccome Gillespie ha dimostrato con gli anni di essere ottimo a dirigere il suo cast e a gestire i dialoghi martellanti e i tempi comici imposti da quello che scrive Noxon, il risultato è che Fright Night – Il vampiro della porta accanto è un film nel quale succedono molte meno cose di quelle che sembra che siano successe alla fine della visione, perché è un film strabordante e che procede a un ritmo infernale fin dalle prime battute. A tratti sembra quasi di vedere lo sforzo di Noxon di tagliare il superfluo (che avrebbe avuto spazio se Fright Night fosse stata una serie TV) e portare avanti la trama, e Gillespie si abbandona senza fatica a questo ottovolante, cambiando genere da una scena all’altra senza soluzione di continuità e divertendosi un sacco a far muovere i personaggi in questo non-luogo (la periferia di Las Vegas, lontano dalle luci della città) popolato non si sa per quale motivo da vampiri.

 

Fright Night Colin Farrell

 

Il resto del lavoro lo fa il cast, che è un elemento fondamentale per un film così costruito su dialoghi ed empatia. Colin Farrell è il nome di cui ci si ricorda più spesso quando si parla di Fright Night: è lui Jerry, il vampiro del titolo, e si diverte tantissimo a vestire i panni di questo gran tocco di manzo con il vizio di succhiare il sangue alle sue vittime. I personaggi che gli girano intorno sono più o meno tutti al suo servizio, compresa Toni Collette nell’inedita veste di madre single svampita e un po’ adolescenziale; madre di Charley, che è l’altro protagonista del film e che qui è interpretato dal mai troppo compianto Anton Yelchin. Lui è la quota normalità del film, ed è un protagonista diverso da quelli che Noxon è abituata a scrivere, più Xander che Buffy per capirci; ed è l’altro polo di attrazione per il resto del cast, dalla sua fidanzata Amy (Imogen Poots) all’incredibile Edward di Christopher Mintz-Plasse.

Fright Night – Il vampiro della porta accanto è, di fatto, e nel pieno rispetto dell’originale dal quale si distacca molto relativamente, uno scontro tra due personalità, Jerry e Charley, e contemporaneamente lo scontro tra le due metà della personalità di Charley, quella più nerd e genuina e il “nuovo lui”, sicuro di sé e capace di conquistare una ragazza bellissima e teoricamente al di sopra delle sue possibilità. C’è quindi l’orrore e la violenza, ma anche una parabola di formazione; il sangue (parecchio, per essere un film distribuito da Disney dieci anni fa) ma anche l’amore e il cuore che batte. C’è un po’ tutto, in una confezione extralusso, e con il bonus di un David Tennant fuori scala: cosa si può chiedere di più a un film?

 

 

Fright Night – Il vampiro della porta accanto è su Disney+

I film e le serie imperdibili

Classifiche consigliate