C’è stato un periodo in cui M. Night Shyamalan era un nome di cui ridere. È celebre il video in cui il pubblico scoppia a ridere vedendo il trailer di Devil, da lui prodotto, durante la didascalia a lui dedicata. Il prodigio del cinema in declino. Il regista che Hollywood aveva portato in palmo di mano e poi lasciato a terra. In effetti una manciata di film al centro della sua carriera non era veramente niente di ché (chi vi scrive considera però Lady in the Water un film stimolante e The Happening una commedia fraintesa). Quando The Visit l’ha rimesso in carreggiata le risate sono diminuite, ma non di molto le stroncature. Glass è stato un film piuttosto bistrattato dalla critica (noi, a dire il vero, l’avevamo gradito). Su Rotten Tomatoes detiene solo il 37% di recensioni positive. 

Stroncature che hanno fatto male a un regista che non si è mai abituato. Poco dopo l’arrivo in sala del film ha ammesso di essere stato ferito dalle recensioni al punto da arrivare alle lacrime. Eppure Glass, che è l’unico film della trilogia di Unbreakable ad essere esplicitamente supereroistico, visto oggi mentre il cinecomic è in piena crisi, sembra indicare la via che tutti cercano per risollevarsi, ma a cui non si pensa mai seriamente. Un’alternativa sul modo di girare e proporre al pubblico questi film.

Non tutti i film devono costare 200 milioni

Glass ha incassato 247 milioni di dollari ed è stato un successo notevole. The Flash ne ha incassati 268 ed è considerato uno dei più grandi flop del genere (seguito a stretto giro da The Marvels). Qual è la differenza? Il primo è un investimento di 20 milioni di dollari, il secondo 220 milioni. 

I risultati impietosi degli ultimi cinecomic al botteghino dovrebbero avere almeno suggerito alle produzioni che non tutte le storie devono essere trasposte sullo schermo con budget esorbitanti. Si può fare un cinema supereroistico coinvolgente anche senza effetti speciali a ogni inquadratura. L’approccio di Shyamalan funziona meglio con pochi mezzi.

Glass è un gran finale. Ci sono ben tre personaggi, tutti più complessi del ruolo a loro attribuito proprio perché consapevoli delle convenzioni narrative che li ingabbiano. David Dunn: un eroe che non sa di esserlo e quando lo capisce non ha molta voglia di ricoprire quel ruolo. Elijah Price: il cattivo da cinecomic. Un villain che sa di essere in una storia e quindi diventa il traino del gruppo. Kevin Wendell Crumb, per sua natura, è tutti e nessuno, è villain, eroe e vittima. Lo scontro poteva essere coloratissimo e fracassone. Shyamalan lavora al contrario: imbriglia i personaggi in un luogo solo e scava nel loro profondo.

Glass

Provare a fare le cose in maniera diversa

Avete notato che i brutti cinecomic sembrano tutti uguali mentre quelli belli sono tutti diversi? Spesso i film tratti dai fumetti seguono la stessa struttura. Un viaggio dell’eroe classico. Qualcuno lo cela meglio di altri. Dentro i migliori riescono a mettere riflessioni sui simboli (The Batman), sull’essere storia (Across the Spider-Verse), su ciò che ci motiva (The Avengers). 

Glass va letto in relazione a Unbreakable e a Split. Insieme fanno primo, secondo e terzo atto di una storia comune. Sono anche dei film indipendenti, soprattutto il secondo, che cambiano a loro modo il modo di raccontare l’eroismo. Il primo è una origin story che finisce quando le altre storie d’origine sono a metà. Il secondo è dedicato a tutta la mostruosità che i superuomini posseggono. Il terzo, Glass, è dedicato a come il racconto possa espandersi e contrarsi. Prima riguarda poche persone, poi i singoli individui, infine il mondo intero.

I crossover devono essere sorprendenti, non scontati

Alla fine della prima visione di Split, chi aveva bene in mente Unbreakable, è saltato sulla sedia. Un grande Shyamalan twist: credevate di essere in un film? Siete in un altro film parte di una saga! Chi se l’aspettava?

Quello del cameo a sorpresa, dell’intreccio narrativo, è un trucco che è stato abusato (si veda George Clooney alla fine di The Flash o Bestia in The Marvels) negli ultimi tempi. Ne abbiamo visti così tanti che ormai la vera sorpresa è non averne. 

Qui Shyamalan può insegnare ancora molto, sempre che non sia troppo tardi. Un film non deve vivere per collegarsi ad altri, deve essere completo in sé. L’aggancio è un di più. Un’emozione regalata. 

Prendersi il tempo e sentire la necessità del film

Tra Unbreakable e Split sono passati 16 anni. Chissà da quanto tempo Shyamalan aveva questa idea. Forse, senza la crisi dei brutti film del regista, l’avremmo avuto molto prima. Eppure è come se The Visit fosse stato girato per riprendere la mano di un cinema personale, girato lontano dai riflettori. Shyamalan deve avere goduto di un’incredibile libertà nel girare sia Split che Glass. Altro che i set blindatissimi dei Marvel Studios, poter scrivere una sceneggiatura e darla agli attori da leggere nella sua interezza, girare senza il fastidio dei cacciatori di notizie, aiuta a concentrarsi sul lavoro. 

C’è dentro tanto Shyamalan in questi suoi tre film. Sia nel modo in cui sono stati prodotti che nelle idee. C’è Shyamalan anche negli adorabili difetti che questi film portano con sé (soprattutto gli ultimi due). Sono l’idea di un regista che non aveva nulla da perdere e ha provato a fare qualcosa di diverso, prendendosi il rischio di sbagliare o di trionfare a modo suo.

È questo che i cinecomic avrebbero dovuto imparare da M. Night. Shyamalan. Forse non è troppo tardi per far tornare i film di supereroi come l’importante filone cinematografico che sono stati. Il più qualificato a insegnare come rialzarsi, in fondo, è proprio lui.

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