I Cavalieri dello zodiaco è su Amazon Prime Video

Se c’è una cosa positiva che si può dire su I Cavalieri dello zodiaco di Tomasz Bagiński è che è quantomeno un film stimolante, che tiene alta l’attenzione di chi guarda per le sue quasi due ore di durata. È un film che stuzzica, solleva quesiti, provoca domande, che sono poi tutte la stessa domanda declinata in mille modi diversi. Questa domanda è: “perché?”. Che cosa ha spinto una produzione cinematografica a investire sessanta milioni di dollari (e la reputazione del povero Masami Kurumada) in un’operazione che non è né nostalgica né moderna, che non sembra neanche sapere a quale pubblico rivolgersi, che dice tutte le cose sbagliate sia ai fan del manga e poi dell’anime, sia a chi dei Cavalieri non sa assolutamente nulla?

Tutti i perché dei Cavalieri dello zodiaco

Sembra, I Cavalieri dello zodiaco, un film figlio di un grande litigio creativo che vede da una parte i sostenitori dell’aderenza alla fonte, e dall’altra quelli che pensano che sia necessario allargarsi a un pubblico più ampio cambiando parecchie cose rispetto all’originale, anche a costo di snaturarne lo spirito. Perché, per esempio, scegliere di concentrarsi quasi esclusivamente su Pegasus, Atena e sul loro rapporto? Il bello dei Cavalieri, come di molti altri manga e anime dell’epoca e non solo, è che era una storia corale; con un personaggio leggermente più “protagonista” degli altri, certo, ma senza trasformarlo nell’unico eroe.

I Cavalieri dello Zodiaco Seiya

Forse per questioni di tempo e di chiarezza, forse per non complicarsi troppo la vita, il film di Bagiński è invece di fatto una origin story di Seiya, con la chiara intenzione di introdurre gli altri personaggi nei capitoli successivi (che probabilmente non esisteranno, visto che il film ha incassato 7 milioni circa in tutto il mondo). Origin story che, incidentalmente, è perfettamente sovrapponibile a quella di Cole Young nell’ultimo film di Mortal Kombat – e non a caso i due film condividono parecchi difetti. Perché puntare tutto su un singolo protagonista non particolarmente interessante, rinunciando a una coralità che però forse sarebbe stata troppo complicata da gestire in una sceneggiatura così mediocre?

Ma proviamo per un attimo ad accettare questa scelta e apprezzare l’idea di fare un film che si potrebbe intitolare “Il Cavaliere dello zodiaco”. Perché decidere comunque di non approfondirlo e di non dargli un’oncia di personalità? Le poche cose che sappiamo su di lui arrivano da flashback semi-criptici o da uno degli interminabili spiegoni che punteggiano il film.

Vecchi Cavalieri e nuovi Cavalieri

Perché poi c’è anche quest’altro problema: il film non ricalca pedissequamente la trama dei manga, ma aggiunge e toglie elementi a piacimento per raccontare una storia non propriamente nuova, ma quantomeno diversa da quella che si aspettavano i cultori della fedeltà a tutti i costi. E questo crea un curioso cortocircuito: da un lato, parecchi pezzi della mitologia di Saint Seiya vengono dati per scontati, rendendo I Cavalieri dello zodiaco un film per appassionati o per chi ha a disposizione Wikipedia. Dall’altro, tutto quello che è nuovo e originale viene spiegato e rispiegato nei dettagli per paura che chi guarda si perda dei passaggi. Ne derivano scompensi giganteschi nel ritmo narrativo, e la costante sensazione di stare guardando un film concepito da due gruppi di potere con opinioni molto diverse.

Ci sarebbe anche un discorso da fare sulla direzione degli attori, che tradisce l’inesperienza di Bagiński. C’è chi va con il pilota automatico come Mark Dacascos, al quale viene chiesto semplicemente di avere carisma e che esegue il suo compito con abnegazione. C’è chi sembra lì perché indietro con le rate del mutuo: Sean Bean in particolare assomiglia a un cosplayer di Sean Bean, e pronuncia le sue battute con quello che dovrebbe essere un tono autoritario e un po’ arrogante e che risulta invece solo tediato.

Castalia

C’è anche chi, come Madison Iseman, si è probabilmente sentita dire “devi essere una principessina” e, in assenza di riferimenti più precisi, interpreta questa indicazione come se fossimo in una commedia romantica. Il più in parte di tutti, per fortuna, è il protagonista Mackenyu, che dimostra anche discrete doti acrobatiche (e vorremmo anche vedere, è il figlio di Sonny Chiba) se non recitative; ma quantomeno sembra felice di essere su quel set a interpretare Pegasus. Ma in generale tutto il cast va in direzioni un po’ casuali, e si sente l’assenza di una mano forte che potesse dare un tono unitario a questo pastrocchio.

Dobbiamo parlare di CGI

Infine, ci sentiremmo in colpa se non chiudessimo il discorso accennando agli aspetti tecnici del film. Non ci metteremo molto: la CGI è urfida, i cavi abbondano rovinando anche le coreografie meglio concepite, e tutto il film è fotografato con la finezza di un Duccio Patané di ritorno dalla sua pensata in roulotte. A Bagiński va riconosciuta quantomeno una certa chiarezza espositiva quando si tratta di riprendere gente che si mena, ma è poca roba: anche al netto dei dialoghi cretini e di un’architettura narrativa confusa e raffazzonata, I Cavalieri dello zodiaco non è neanche un bello spettacolo per gli occhi. A meno che non vi piacciano le cose macabre. Perché altrimenti è solo desolante.

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