Un recente saggio del The New Yorker ha ripercorso la storia della Marvel dalla grande crisi alla nascita del progetto cinematografico noto come Marvel Studios. Quell’universo condiviso di supereroi che, come accusa l’articolo, ha cambiato Hollywood. Partì nel 2008, un anno speciale per il cinecomic. Christopher Nolan dimostrava con Il cavaliere oscuro che il genere poteva addentrarsi anche in territori molto maturi e d’autore. Nel mentre i piccoli Marvel Studios facevano intuire le piene potenzialità di quello che sarebbero potuti essere grazie ad Iron Man. Al centro della rivoluzione un nome: Robert Downey Jr. 

Vi abbiamo da poco ricordato la figura di David Maisel, uomo fondamentale nella genesi dei Marvel Studios seppur rimasto ai margini dei racconti. Fu sua infatti l’idea di mettere insieme non tanto un gruppo di esseri con straordinari poteri bensì un gruppo di proprietà intellettuali sparse tra vari proprietari. 

Da David Maisel a Robert Downey Jr.

A seguito della sua crisi la Marvel aveva fatto cassa vendendo i diritti di sfruttamento dei propri personaggi. L’idea commerciale di Maisel era di partire da un film a cui il pubblico potesse appassionarsi e che tutti gli altri fossero, invece che nuovi franchise, in qualche modo dei seguiti di questa stessa storia. Per fare ciò non servivano per forza quei supereroi allora considerati irrecuperabili (Spider-Man e gli X-Men avevano già delle saghe avviate).

Riuscì a riottenere di qua e di là i diritti dei personaggi minori. Insieme a Kevin Feige e Ari Arad immaginarono la prima manciata di eroi da trasporre al cinema. L’obiettivo ben chiaro sin da subito era il crossover Avengers. Il primo primo passo andava azzeccato con una vittoria netta. Era l’unica condizione necessaria per fare il secondo, il terzo e così via. Da quale partire?

Scelsero allora Iron Man con un test caro a Ike Perlmutter: quello di mercato. Fecero una ricerca su un gruppo di bambini mostrandogli i supereroi disponibili e gli chiesero di quale avrebbero comprato i giocattoli. La risposta fu proprio l’alter ego di Tony Stark.

Robert Downey Jr era già Tony Stark nella vita, come farlo diventare Iron Man?

Fin qui tutto fu relativamente semplice. Nelle fasi finali del processo di casting arrivarono il presentabile Timothy Olyphant e l’impresentabile Robert Downey Jr. L’attore era considerato al capolinea dopo anni difficili per problemi con le dipendenze che gli avevano procurato anche seri guai con la giustizia in passato. 

Il regista Jon Favreau intuì qualcosa in lui e insistette per averlo. Dovette però lottare. David Maisel ha spiegato che ci furono parecchi dubbi quando andò a riferire la decisione del regista. 

Il consiglio pensava che fossi pazzo a mettere il futuro della società nelle mani di un tossicodipendente. Li ho aiutati a capire quanto fosse adatto al ruolo. Avevamo fiducia che fosse pulito e che sarebbe rimasto pulito.

Nello speciale per celebrare i 15 anni del film Kevin Feige ha definito il casting di Robert Downey Jr. “Probabilmente una delle migliori decisioni nella storia di Hollywood”. 

Ha aggiunto poi che, lavorando ai crossover della saga dell’infinito, ha ammesso all’attore che non si sarebbero mai trovati in quel casino se non fosse stato per “colpa” sua. Ovvero: senza di lui non ci sarebbe mai stato nemmeno uno studio capace di realizzare film così grossi e impegnativi (produttivamente parlando) come gli ultimi due Avengers.

Idea confermata anche da Jon Favreau. Senza la sua intuizione Robert Downey Jr. sarebbe stato scartato perché considerato troppo inaffidabile, rischioso, poco adatto al pubblico di bambini. Invece al regista bastò sedersi con lui per vedere “la scintilla nei suoi occhi” e capire che era pronto. “Una volta che fu scelto lui, la mia vita divenne molto più semplice. Voleva raggiungere degli alti standard, non voleva che fosse qualcosa di elementare. Voleva che Iron Man fosse speciale”.

Limitati dalle scarse possibilità economiche, i Marvel studios seguirono la stessa scommessa di Robert Downey Jr. Anche per gli altri Avengers. Attori noti, ma non celebrità assolute, che potevano permettersi contratti lunghi e una paga (al tempo) contenuta. Come Chris Hemsworth che per il primo Thor prese “solo” 150 mila dollari. Le cose, oggi, sono molto diverse.

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Fonte: The NewYorker

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