Girare Lo Squalo è diventata veramente una missione da pazzi fino a che il pubblico non ha dimostrato il contrario”. Le parole sono di Steven Spielberg contenute nel libro Spielberg: The First Ten Years di Laurent Bouzereau. Il volume, in uscita negli Stati Uniti in ottobre, contiene un’intervista al regista di cui Vanity Fair ha pubblicato un estratto in esclusiva. Si parla della lavorazione del film che diede origine al blockbuster estivo catapultando la carriera di Spielberg al centro di Hollywood. Si raccontano aneddoti vecchi e nuovi su una produzione che fu caratterizzata dalla follia giovanile. Credere nei propri mezzi fino a ritrovarsi in mezzo all’oceano con uno squalo meccanico in panne o una nave che affonda cercando di salvare il girato.

Vi riportiamo alcuni dei passaggi più interessanti

Lo Squalo: dal libro al film

Spielberg stava chiudendo Sugarland Express quando iniziò ad interessarsi al libro, non ancora pubblicato, di Peter Benchley. Riuscì ad averne una copia. Attratto dal titolo scoprì leggendo che il romanzo, che sarebbe diventato un bestseller, parlava di uno squalo bianco che terrorizzava una cittadina costiera. 

Il regista racconta che il desiderio di adattare il libro venne, banalmente, dalla somiglianza della trama con Duel. Entrambi avevano quattro lettere, e questo era già per il giovane Spielberg un parallelo incoraggiante, ed entrambi avevano come villain una sorta di leviatano a caccia di innocenti. Vide quindi Lo Squalo come un seguito in acqua di Duel

Un altro regista era già in contatto con Peter Benchley per l’adattamento, ma se lo lasciò sfuggire di mano. Aveva innervosito lo scrittore continuando a chiamare lo squalo “la balena” durante il colloquio. Il progetto finì in mano a Steven Spielberg. Iniziò così una lunga battaglia di uomini contro mostri, dentro le immagini, e di un regista contro il mare e gli imprevisti, durante tutte le riprese. 

Mettere insieme l’equipaggio

Alla ricerca del cast. La prima idea di Spielberg per il ruolo di Quint fu di assoldare la star del western Lee Marvin. L’attore rifiutò perché voleva andare a pescare sul serio e non gli andava di farlo nella finzione di un film. Questo, per lo meno, è quello riferirono a Spielberg. Tra coloro che rifiutarono il ruolo ci fu anche Sterling Hayden

Prima di Richard Dreyfuss cercò Timothy Bottoms e Jon Voight. Entrambi declinarono la parte. A Spielberg era piaciuto particolarmente L’ultimo spettacolo, così cercò invano di inserire nel cast Jeff Bridges. Fu George Lucas a suggerire a Spielberg di prendere in considerazione Dreyfuss dopo che l’aveva messo alla prova nel suo American Graffiti.

Andò meglio con Roy Scheider. I due si incontrarono quando lo studio stava facendo pressione per chiudere il cast. Spielberg era piuttosto giù di morale. Scheider gli chiese il perchè e venne a conoscenza del progetto. Si propose con entusiasmo e ottenne così la parte di Martin Brody.

lo squalo

L’incubo di girare Lo Squalo

Come noto la lavorazione del film fu devastante per tutte le persone coinvolte. Causa di molti mali fu la decisione di girare nel mare vero e non in uno studio. Era necessario che la barca sembrasse lontano dalla riva, senza possibilità di tornare in breve tempo. Il mare però non doveva però essere troppo profondo per poter montare il meccanismo dello squalo. Così la scelta di trasferì sull’isola di Martha’s Vineyard era funzionale alle necessità. Di contro la ricerca di realismo costrinse la troupe a restare in mare per ore, con nausea, spossatezza e con le apparecchiature a rischio di malfunzionamento. 

Ci fu un incidente set con il motoscafo che trainava la barca del film, l’orca. C’erano due modelli: uno progettato per stare in acqua, uno per affondare (e tornare su). Per un errore lo fece però prima del tempo, con attori e tecnici ancora a bordo. Spielberg ricorda che nel panico le persone gridavano “mandate le barche, venite a prenderci!” mentre l’ingegnere del suono John Carter gridava “fan***o gli attori, salvate il reparto sonoro!“.

Riuscirono a farlo tenendo la strumentazione sopra la propria testa in attesa dei soccorsi. Salvarono anche il girato portandolo di corsa al laboratorio per svilupparlo. Lo squalo non sarebbe esistito (e sopravvissuto alle intemperie) senza le invenzioni di Bill Butler. Il direttore della fotografia aveva realizzato delle macchine da presa in grado di resistere all’acqua, protette da un involucro speciale che permetteva di girare a pelo d’acqua. Furono usate per realizzare il 25% del film.

Non è colpa della creatura

Spielberg ha ridimensionato l’entità dei malfunzionamenti dello squalo meccanico creato da Bob Mattey. In realtà, dice, si arrabbiò con il macchinario e con chi l’aveva costruito, ma il problema non erano loro. Era semmai nel fatto che stavano girando nell’Oceano Atlantico, in un mare che spostava le barche e le strumentazioni, che costringeva a molte ore di posizionamento della cinepresa, che era frequentato da turisti le cui barche a vela apparivano sullo sfondo costringendo a girare tutto da capo. Insomma, un errore di valutazione suo. Era stato avvertito delle difficoltà, ma le aveva sottovalutate.

E mentre dal set spariva tutto il rosso, per lasciare solo quello del sangue, i documentaristi Ron e Valerie Taylor giravano le scene in mare come seconda unità. Lo squalo da loro filmato si incastrò nelle corde della gabbia in cui si cala Matt Hooper. La dinamica della sequenza fu riscritta sulla base del girato ottenuto.

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I suoni della paura

Come musica temporanea, da cui partire per immaginare la colonna sonora, Spielberg aveva proposto a John Williams i suoni da lui composti per Images di Robert Altman. Il compositore non era d’accordo. Lo squalo era un film di pirati con una creatura spaventosa, gli disse, la musica doveva essere primordiale, non esoterica. Così si mise al lavoro sul suo tema per sei settimane arrivando a sconcertare il regista con le due, celebri, note. Sentendola la prima volta pensò che fosse uno scherzo, la seconda volta capì di avere la base sonora perfetta. 

Spielberg fu così contento del lavoro che chiamò l’amico George Lucas invitandolo a sentire quanto fatto. Non passò molto che i due si ritrovarono a lavorare a Star Wars

Spielberg intuì il grande successo del film quando alla prima proiezione vide una persona scappare fuori dalla sala e vomitare sul pavimento prima di raggiungere i bagni. Una volta ricomposto però tornò a sedersi per vedere come finiva il film. 

È grazie al successo dello squalo, spiega Spielberg, che ha potuto avere il final cut su tutte le opere successive. Non avrebbe potuto fare Incontri ravvicinati del terzo tipo senza questo credito verso gli studio.

Fonte: Vanity Fair

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