Chiede lui stesso al pubblico di fargli domande, risponde lungamente e non si fa problemi a parlare di se stesso, o a criticare il sistema produttivo americano e francese. Quando l’intervistatore, il critico Mauro Gervasini, gli chiede se è vero che ha detto che Le Grand Bleu è il suo film che ama di più, lui risponde: “Non l’ho mai detto“, poi guarda il suo interlocutore e gli fa: “Hai figli? Quale ami di più?”. Questo insomma è stato il mood dell’incontro di Luc Besson col pubblico della Festa del Cinema di Roma 2022, di cui vi riportiamo i passaggi più interessanti.

Le difficoltà dell’esordio e il suo rapporto con la fantascienza

L’occasione dell’incontro durante il festival è la presentazione della copia restaurata del suo esordio, Le Dernier Combat. Un film girato con pochi mezzi e pochi soldi, a cui nessuno all’inizio credeva:

Eravamo giovani e decisi ad andare avanti, decisi a fare il film anche dopo tutti i “no” ricevuti. Abbiamo iniziato che avevamo 300 euro, tali da permetterci di girare solo due giorni. Così, abbiamo cercato di girare subito del materiale fantastico in modo da convincere la troupe a lavorare senza paga: sono rimasti per 11 settimane. Poi è sorto il problema di trovare i soldi per procurarci almeno i pasti: iniziavamo le riprese così solo dopo mezzogiorno, perché prima eravamo impegnati a trovare qualcosa. Alla fine, non ho pagato nessuno, ma poi, per sdebitarmi, ho assunto tutti per i miei film successivi.

Solo in quattro persone avevano infatti deciso di finanziare il progetto: uno che aveva un’agenzia di viaggi, uno con un negozio di scarpe, un altro che mi ha dato parte della sua assicurazione in seguito a un incidente d’auto in cui aveva perso una gamba, un altro ancora ha attinto all’eredità della nonna. Nel cinema nessuno vede nulla, anche in America: tutti gli studios avevano rifiutato Guerre Stellari!

Le dernier combat è la prima incursione del regista nel campo della fantascienza, genere poi affrontato più volte durante la sua carriera potendo contare su grandi risorse, da Il quinto elemento a Valerian:

La fantascienza lavora nel campo del possibile, il suo vantaggio è di poter reiventare tutto, amo questa libertà. L’ ultimo territorio da esplorare è proprio il futuro. Ho iniziato a scrivere il soggetto de Il quinto elemento a 16 anni, immaginando cose nel cielo per sfuggire alla realtà in cui mi trovavo: vivevo nella fattoria di mia madre e dalla finestra vedevo solo mucche. Ho scritto 200 pagine, poi battute, poi altre 200, sempre scartate, infine 400 poi conservate. Ma poi sono passati 15 anni prima di realizzare film.

Quando Luc Besson è collassata in sala di montaggio

La chiacchierata si sposta poi sulla sua attività come regista: parlando di come lavora con gli attori, Besson racconta un aneddoto su Lucy:

L’importante è conoscere bene il personaggio e l’attore, parlare con lui, magari trovarsi a cena. Poi, sul set, ascoltarlo, dargli sicurezza e lasciarlo fare. Lavorando a Lucy, Scarlett Johansson viene da me e mi chiede di parlargli del background del suo personaggio. Così le do da leggere 30 pagine sulla sua vita e poi altrettante sul padre e sulla madre. Ero pronto perché sapevo che lei era così, era una sorta di trappola per mettermi alla prova.

Besson è anche produttore e sceneggiatore: tra le varie attività ama di più l’ultima, perché “si può sempre correggere senza che nessuna ti dica qualcosa“. Stare dietro la macchina da presa è invece “faticoso“:

Tutti ti vengono a chiedere qualcosa e devi trovare risposte immediate alla loro domande. Devi essere come un signore della guerra, pieno d’energia e testosterone. Tutto questo ti esaurisce, e poi passi 8 mesi chiuso in una stanza con il montatore. Lavorando al montaggio di 3 film sono addirittura collassato, tanto che hanno dovuto chiamare qualcuno per rianimarmi. Si tratta di Le Gran Bleu, Subway e Giovanni d’Arco.

Cosa ne pensate delle parole di Luc Besson durante la Festa del Cinema di Roma? Lasciate un commento!

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