Psycho è l’alba del cinema horror moderno. È il momento in cui il cinema americano fa invecchiare di colpo il cinema di paura come era stato inteso fino a quel momento, tra Dracula Frankenstein e i ragni giganti o creature della palude, per scoprire l’orrore profondo degli esseri umani e fare un salto in avanti nella scala della violenza. Se negli anni ‘70 sono potuti arrivare gli horror seminali che osavano, è perché c’era stato Psycho. Certo, Psycho c’è stato perché c’era stato I diabolici, ma quella è un’altra storia.

Adesso per tre giorni Psycho torna al cinema ed è una festa.

Un film visivamente pazzesco che lavora proprio visivamente per manipolare il pubblico e ci riesce ogni volta, nonostante sappiamo già cosa accadrà. Il punto del cinema di Hitchcock è sempre di funzionare come facevano i film muti (che pure ha girato agli inizi) nonostante sia un cinema sonoro, cioè di usare solo le immagini per veicolare tutto quello che c’è di importante. Le parole sono un condimento. Psycho sul grande schermo del cinema è imbattibile.

Quindi ecco le 5 scene che simboleggiano le 5 ragioni per tornare a vede Psycho.

psyco inizio

1. L’inizio

L’idea è di quelle da storia del cinema anche se nasce da un fallimento. È chiaro che nella fantasia di Hitchcock si doveva passare dalla vista della città fino dentro alla stanza dove stanno i personaggi in un’unica sequenza. Impossibile per l’epoca (poi in realtà molti altri l’avrebbero fatto grazie al digitale, l’inizio di Be Kind Rewind è un esempio) ma realizzato con delle transizioni in maniera intelligente per riuscire comunque a dare quell’idea che dalla moltitudine di storie lentamente andiamo a guardarne una, quasi a caso, come se ognuno di quei palazzi e ognuna di quelle finestre contenesse una storia altrettanto accattivante. Questa trama incredibile e spaventosa che affonderà le mani nel nero umano, è una storia di persone come tante altre. Tutti nascondiamo qualcosa di simile.

psyco marion

2. Il viaggio in auto 

Quando Marion ruba i soldi e scappa via Psycho passa dall’essere un film drammatico, su sentimenti di persone che aspirano a qualcosa che non hanno, girato con toni realistici, ad essere una storia psicologica. Sentiamo i pensieri di Marion, cosa che rompe il realismo, e cominciamo a viaggiare nella sua testa. Cerchiamo di capire cosa pensi e lentamente non ci accorgiamo che scivoliamo nel mondo della fantasia in cui tutto è possibile. Alla fine di questo viaggio verso l’assurdo e l’allucinato, Marion guarda dritto in camera, quindi guarda tutto il pubblico, e ha un sorrisetto quasi sadico.

psyco doccia

3.  La doccia

C’è poco tempo da perdere su questa scena. Inutile parlarne in poche righe. È una delle scene più cruciali mai girate, il senso stesso del film per Hitchcock (uccidere la protagonista a 20 minuti dall’inizio), lo shock maggiore nel film che presenta all’America lo shock value e uno dei giochi psicologici con lo spettatore più sottili della carriera di Hitchcock. Cosa vediamo e cosa non vediamo non è chiaro fino a che non si guarda la scena fotogramma per fotogramma. L’impressione è di aver visto il coltello che entra nella carne ma questo in realtà non è mai stato filmato. Montaggio e sonoro (non solo lo score ma l’effetto del coltello che pugnala ottenuto in realtà infilzando dei meloni) fanno tutto il lavoro. Che non è male per un regista che ragiona come nel cinema muto.

psyco palude

4. La macchina che non affonda

Questa è una scena di passaggio. Norman ha ucciso Marion e si deve liberare del corpo e della sua auto, per prendere due piccioni con una fava mette l’uno dentro l’altra e guida fino ad una palude, la spinge dentro ma la macchina affonda solo fino ad un certo punto. Il bagagliaio rimane fuori. Norman è il mostro, ha appena ucciso la nostra protagonista, cioè una donna in fuga con dei soldi alla ricerca di una nuova vita con l’uomo che amava. Ha interrotto di fatto il primo film che stavamo guardando per crearne un altro, eppure in quel momento in cui l’auto non affonda e lui rischia quindi di essere beccato tremiamo per lui. Perché? Solo perché la scena lo imposta come un personaggio in difficoltà. Basta questo.

Tutto Psycho è un’escalation verso il deviante: inizia con l’infedeltà e poi c’è il furto (materia ancora normale per Hitchcock e il cinema dell’epoca) ma da qui cominciano gli omicidi a raffica per finire sempre più in giù con la psicopatia.

psyco norman

5. Lo scheletro finale

Il momento del clamoroso svelamento (la madre di Norman è lui con la parrucca) è accompagnato dal repellente, cioè uno scheletro con bocca aperta e bulbi oculari svuotati ben illuminati. È proprio l’attimo in cui film mette la ciliegina sul salto dal mondo di Dracula e di Blob in un altro in cui lo shock value è fondamentale. Eppure è anche l’attimo in cui si concretizza il principio psicologico più sottile di Psycho. Ciò che mette paura non è solo quello scheletro (che oggi chiaramente fa ben meno impressione) ma Norman con la parrucca (e poi pure Norman che pensa come sua madre nella scena successiva), cioè il disumano. È un principio vecchissimo, ciò che somiglia all’umano ma se ne distacca per pochi dettagli è terrificante. La letteratura e cinema di paura avevano usato (e useranno dopo) moltissimo il doppio aberrante, cioè il gemello cattivo, la bambola che parla, l’ombra che si muove autonomamente e via dicendo. Norman/madre è il doppio aberrante di Norman (come nei film successivi di doppia personalità sono aberranti gli altri sé che i protagonisti vedono negli specchi) e non c’è niente di peggio. Ancora oggi.

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