Chi lo negasse, mentirebbe: alla vigilia dell’uscita di Star Wars Episodio IX, quando fu diffuso il primo trailer del capitolo finale della saga e le ultime immagini furono accompagnate dalla sinistra e inconfondibile risata dell’Imperatore Palpatine, il pubblico esplose in un boato. E quando alla relativa Celebration la proiezione del trailer fu accompagnata dall’entrata in scena del suo interprete, Ian McDiarmid, con il suo altrettanto celebre “roll it again”, proiettatelo di nuovo, i presenti andarono in visibilio. A riprova che almeno sulla carta, il ritorno dell’Imperatore era tutt’altro che malvisto dal grosso dei fan.

Le cose avrebbero preso poi una piega diversa: una sceneggiatura affollata da troppi elementi e complicazioni e un malcelato desiderio di fare marcia indietro e di annullare le scelte dell’episodio precedente non avrebbero permesso al ritorno tra i vivi dell’Imperatore di imporsi in tutta la sua spaventosa maestà. Anzi, l’ormai famigerata frase “somehow Palpatine returned”, in qualche modo Palpatine è tornato, fu presa da molti come infausto simbolo della sbrigatività con cui quella scelta narrativa fu fatta.

Cinque anni dopo, gli animi faticano ancora a placarsi, e il ritorno dell’Imperatore per l’episodio finale continua a far discutere. L’argomento è rimbalzato ai vertici delle discussioni del web proprio in questi giorni grazie a un’intervista rilasciata proprio da McDiarmid in occasione del 25° anniversario della trilogia prequel, in cui l’attore inglese ha difeso quella scelta, argomentando che se c’è qualcuno che aveva sempre un piano B di emergenza, quello è proprio Palpatine. Quanto bastava per rinfocolare una discussione al riguardo che, proprio come Palpatine, non era mai morta e forse non morirà mai. Il ritorno dell’Imperatore è veramente una sciagura per il capitolo finale della saga o, per usare le famose parole di Luke Skywalker, “c’è del buono” anche in quello sviluppo? Ispirati dalle parole di McDiarmid, abbiamo voluto provare a valutare i pro e i contro di quell’oscura resurrezione.

Ian McDiarmid - Star Wars: L'Ascesa di Skywalker

Pro: Unità Narrativa

Se l’intento dichiarato di Episodio IX è quello di fungere da capitolo finale di tutta la saga, allora ha senso che Palpatine sia il villain portante di tutta la storia. Fa bene a Star Wars avere un suo “Sauron”, una fonte primigenia del male che muova le fila di tutte le vicende e che costituisca il nemico principale da sconfiggere di tutta la vicenda. Come vedremo più sotto, è un’operazione messa in atto con successo parziale, perché la figura di Palpatine “copre” solo gli episodi I-VI più il IX, là dove il VII e l’VIII sembravano muoversi in altre direzioni, ma il recupero di un’unità narrativa globale e il collegamento del Primo Ordine a un piano globale di restaurazione concepito dall’Imperatore in persona in sé sarebbe una buona mossa. In questo, Ian McDiarmid ha visto giusto.

Contro: Piove dal Cielo

Inutile nascondersi dietro a un dito, è il problema principale che in termini più generali tormenta l’intera trilogia sequel: l’assenza di una struttura narrativa decisa a priori che permettesse concatenazioni logiche più solide e uno sviluppo narrativo più consequenziale da un episodio all’altro. In questo il ritorno di Palpatine fallisce, perché anziché sembrare il giusto culmine di una storia già in marcia, dà più l’impressione di un ripensamento dell’ultimo momento e di un’inversione di rotta. Tutt’altro sapore avrebbe avuto la resurrezione dell’Imperatore se le prime tracce fossero state piantate già dal VII e la rivelazione fosse giunta prima, per dare il giusto spazio e il giusto peso alla lotta contro un nemico apparentemente immortale. Per di più, all’interno dello stesso Episodio IX, il ritorno di Palpatine è pigiato in una miriade di altre trame e sottotrame che non concede i tempi e gli spazi giusti per dare all’evento il respiro necessario. Nella ripartizione dei tempi assegnatagli, la “minaccia principale” di cui si parlava al punto precedente fa appena in tempo a tornare e a figurare in un paio di scene prima di essere riconsegnata all’oblio. Così facendo, il filone narrativo mina la sua stessa importanza e la maestà dell’evento.

Ian McDiarmid - Star Wars: L'Ascesa di Skywalker

Pro: Ian McDiarmid

È stato detto più volte, ma non fa mai male ripeterlo: McDiarmid è una benedizione per Star Wars. Fin dal lontano 1983, quando seppe guadagnarsi l’odio viscerale degli spettatori di tutto il mondo interpretando la nemesi finale degli eroi ne Il Ritorno dello Jedi, passando per le manovre politiche e i giochi di facciata dei prequel, è un attore raffinato, carismatico, sagace e capace che domina magneticamente ogni scena in cui compare e ha contribuito enormemente alla popolarità della saga. Rivederlo in scena, anche sotto il trucco esagerato della sua ultima reincarnazione e anche con un copione che fatica a svettare è un piacere per tutti gli appassionati, e la sua performance continua a calamitare l’attenzione del pubblico.

Contro: danneggia gli archi narrativi degli altri personaggi

La strada di Palpatine nell’episodio finale si incrocia principalmente con quella di due figure importanti della trilogia sequel Kylo Ren e Rey. Anche se l’incontro iniziale tra Kylo e Palpatine è una bella scena e il rapporto tra i due è interessante, quella di Palpatine è di fatto una “invasione di campo” che non fa bene al personaggio di Kylo, che si era da poco affrancato dal vecchio mentore per imporsi come leader supremo e padrone di se stesso, e si ritrova di lì a poco a fare di nuovo da spalla a un “grande vecchio” che la sa più lunga di lui, spingendo il personaggio sul binario già noto della redenzione finale che, pur non essendo privo di una sua poesia, sa di déja vu e lascia un po’ di rimpianto per quella che poteva essere una vera ascesa di Kylo a entità malvagia definitiva.

rey kylo ren

Non entusiasma troppo nemmeno la rivelata parentela di Rey con il “nonno”. Dotare Rey di un retaggio oscuro da vincere poteva essere una scelta interessante, ma per come è stata messa in scena, dà più la sensazione di una soluzione di comodo improvvisata in tempi tardivi che non un vero e proprio punto di svolta per l’eroina, tanto più che, ad eccezione di qualche momentaneo e poco rilevante momento di turbamento, la rivelazione non smuove più di tanto la giovane Jedi dal suo status quo. Col senno di poi, la soluzione di fare di Rey una ‘figlia di nessuno’ senza nobili natali avrebbe valorizzato il personaggio più della sua improvvisa parentela con la stirpe del male. E il tentativo ammiccante di conciliare le due versioni del suo passato (“i tuoi genitori non erano nessuno… ma tuo nonno sì!”) sa un po’ di clausola in piccolo fuorviante.

Ovviamente, esprimere un giudizio definitivo è impossibile e ognuno si porrà in modo diverso di fronte a questi e altri pro e contro, quindi il verdetto finale è da considerarsi impossibile da raggiungere. E il futuro? Un ulteriore ritorno dalla morte di Palpatine è da escludere, probabilmente significherebbe tirare troppo la corda. Ma se il venturo film dedicato a Rey volesse regalare un po’ più di spessore a questo legame, l’antenato oscuro della nuova maestra Jedi potrebbe magari avere ancora qualcosa da dire a livello di visione, spettro o quest introspettiva. Quello magari sarebbe un ‘ritorno’ più motivato e meno… somehow!

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