Era da molto tempo che un film di smaccato intrattenimento come The Adam Project non lasciava così tanti dettagli da cogliere dopo la visione. Shawn Levy finalmente ha girato qualcosa all’altezza dei suoi inizi, un film originale (stranissimo per i nostri tempi) che non lascia margini a sequel e prequel perché non ha nella grande storia e nel mondo che crea il suo centro, ma anzi ce l’ha nella vicenda minuscola e privata dei tre personaggi coinvolti. Personaggi che scopriamo lungo il film, perché l’ingresso del padre avviene quasi a sorpresa e trasforma tutto da convenzionale storia di lui e lei che ci cercano a meno convenzionale storia di triangolo tra padre, figlio e sempre stesso figlio.

Ma andiamo con ordine.

1. Il videogioco spaziale

Lungo il film non è mai tirato fuori esplicitamente ma c’è un filo conduttore solitario che racconta i rapporti e l’evoluzione di questi ed è un videogioco in realtà virtuale. Lo gioca il piccolo Adam, un gioco di guida spaziale che non pare troppo diverso da quello che poi il grande Adam fa con le astronavi che pilota. Nella trama ha l’utilità di mostrare che il piccolo Adam è abile a manovrare quella tecnologia e non ci stupirà che potrà farlo con armi vere.
Al contrario, quando Mark Ruffalo in una conversazione butta lì il fatto che quel videogioco l’ha programmato lui, è un dettaglio inutile per la storia, non serve a nulla e in fondo non serve nemmeno per quella conversazione, sta parlando di come pensi di non essere abbastanza presente e l’aver creato lui quel gioco non è importante in quel momento. Diventa rilevante invece quando si collegano tutti i fili.

Perché è stato l’Adam adulto a spiegare al piccolo che la sua vita è cambiata quando sbandato, fuori dal college e anche arrestato, ha scoperto con sua stessa sorpresa di essere bravo a pilotare aerei. È quindi entrato in aeronautica, ha conosciuto l’amore della sua vita e tutto quello che ne consegue. Ma era bravo perché si era allenato con quel gioco, e si era allenato con quel gioco perché gliel’aveva creato il padre. Tutta l’avventura e la sua vita discendono da quell’atto d’amore che il padre ritiene un errore e invece non saprà mai che è stata la vera svolta.

2. Mitologie diverse convergono in The Adam Project

The Adam Project è innanzitutto Ritorno al futuro. È esattamente quella storia lì: una persona che torna indietro nel tempo per avere a che fare con la propria famiglia e sistemare le cose. Ma è anche I guardiani della galassia (la colonna sonora, quel tipo di azione fantastica con raggi laser e capriolone, Zoe Saldana e Ryan Reynolds nei panni di una specie di Starlord) ed è Explorers di Joe Dante. E con un carpiato più audace ancora è 30 anni in un secondo (film del 2004 in cui Jennifer Gardner da bambina piccola viaggia avanti nel tempo nella se stessa adulta per innamorarsi e sposare Mark Ruffalo). Ci sono 4 film che giocano dentro questo, legati a personaggi diversi, l’Adam adulto con Zoe Saldana lavorano sul lato Guardiani, i genitori su quello di 30 anni in un secondo e il piccolo sul lato Amblin di Explorers.

Questa fusione di storie e mondi narrativi diversi è un’operazione di grandissima raffinatezza che The Adam Project riesce a portare a termine con grande semplicità e minimalismo. È esattamente quello che fa suonare tutto molto familiare e quasi già visto, ma lentamente, anche estremamente originale.

3. Forse ricordano qualcosa

Molto del terzo atto è puntato sulla trovata abbastanza pretestuosa e tuttavia funzionale (ma è bello così) che rimesso a posto l’equilibrio temporale i due Adam rimangano un po’ con il padre, per l’ultimo addio. E anche da prima molte delle discussioni tra di loro girano intorno a cosa accadrà dopo, una volta rimesso tutto a posto. Riuscirà Adam ad incontrare di nuovo la ragazza per la quale ha creato tutta quest’avventura? Si ricorderà di lei ancora? E il piccolo Adam ricorderà davvero quello che gli ha detto il sé adulto sul rapporto con sua madre?

Nella chiusa vediamo che tutto va bene, ed è molto chiaro che la botta sentimentale giusta non là dà il fatto che un destino più grande fa sì che la storia vada come deve andare (l’idea del finale di Se mi lasci ti cancello) ma che qualcosa i personaggi ricordano, non sappiamo quanto, magari tutto, ma il copione e poi Levy con la regia lasciano delle piccole briciole che sta allo spettatore cogliere, e che suggeriscono che sì, qualcosa la ricordano, che non sta avvenendo tutto per via di uno strano destino ma che sono loro che stanno dando un indirizzo alla loro vita. Quell’avventura li ha cambiati.

4. Oltre lo spunto di The Adam Project

Ci sono tantissimi modi possibili di sfruttare lo spunto alla base di The Adam Project, che poi è esattamente tutto quello che di regola i film con i viaggi nel tempo vogliono evitare (il protagonista che incontra se stesso), uno dei meno prevedibili è quello scelto, cioè mettere in primo il paradosso di parlare con se stessi e lasciare tutto il resto nello sfondo. La ricerca dell’amata perduta, poi la distruzione della tecnologia di viaggi nel tempo diventano pretesti e si succedono nel film come espedienti per muovere gli eventi, non sono mai cruciali. Cruciali semmai sono le molte maniere in cui si sviluppa la relazione tra i due Adam, prima sbilanciata (uno fa mille domande all’altro) e poi sempre di più paritaria.

Film come questo quasi sempre si accontentano del fascino del loro spunto e non lo esplorano. Invece qui far parlare due versioni di una stessa persona è una maniera per riflettere su quale parte dello spirito umano possa dirsi la più autentica, se quella troppo ingenua ma anche autentica giovanile, o quella indurita dagli eventi ma per questo anche più esperta dell’età adulta.
Ognuno dei due Adam in fondo pensa che l’altro sia la parte più vera di sé: il piccolo sente dentro di avere un eroe come il grande; il grande sente di aver sbagliato tutto e non aver tenuto fede a quel che era da piccolo. Ma tutto fa un salto riflessivo ancora maggiore quando è evidente che ricordano diversamente gli stessi eventi, che il tempo cambia la percezione e quello dei due che pensa di aver capito meglio come stanno le cose rispetto all’altro forse è quello più confuso (e, dettaglio incredibile, anche il padre parlando con la madre capisce che forse nemmeno lui ha capito come stiano le cose).

5. Gimme Some Lovin’

Ma com’è possibile che un brano del 1966 regga così bene se appoggiato a sparatorie spaziali e wormhole??? Ma proprio i suoni dello Spencer Davis Group sembrano perfetti per accompagnare la fantascienza avventurosa. Sì certo ci sono stati I guardiani della galassia che hanno fatto qualcosa di simile ma non con questa perfetta concordanza!

 

 

BadTaste è anche su Twitch!

I film e le serie imperdibili

Classifiche consigliate