All’inizio di Tre metri sopra il cielo Step e la sua banda fanno casino e spaccano tutto come se avessero visto troppe volte I guerrieri della notte e li volessero scimmiottare senza averne il fisico. Pure le vittime li guardano con perplessità e divertito sarcasmo. Lui è un adolescente inquieto, che oltre a distruggere una casa (così, senza motivo) viene coinvolto in una rissa da strada idiotissima. Non è la prima volta che va a processo e se Babi, una ragazza conosciuta durante le sue bravate, testimoniasse contro di lui la pena sarebbe molto dura. Decide quindi, da buon Romeo, di fare innamorare la sua Giulietta in modo che lo copra davanti al giudice. Poi se ne innamora anche lui. E poi tutto si incasina.

Tratto dal romanzo di Federico Moccia e prodotto esclusivamente per cavalcare l’incredibile successo avuto in Italia e in Spagna del libro, il film di Luca Lucini (da poco arrivato su Amazon Prime Video) è il disastro che tutti ricordiamo. Un film che è riuscito ad essere incendiario solo per aver dato origine a una delle più grandi ondate di imbrattamento di muri della storia dello stivale. Tra i lucchetti di Ponte Milvio e le scritte “io e te tre metri sopra il cielo” sui cavalcavia sono stati mesi difficili per il decoro pubblico. Federico Moccia era diventato il nemico pubblico numero uno suscitando crociate dei letterati e drammi nei comitati genitori. Ha fatto soffrire i cuori infranti di molti ragazzini e ragazzine e gli occhi di molti frequentatori di cinema.

Tre metri sopra il cielo, è dove si buttano gli occhi dopo la prima inquadratura

3msc, mi si permetta di usare il nome adolescente del film, fa arrabbiare ancora prima di iniziare. “Questo film è stato realizzato con il contributo del Ministero Beni e Attività culturali, Direzione generale per il cinema, che lo ha riconosciuto film di interesse culturale nazionale”. Ora, non è la prima volta che sono state realizzate atrocità simili con i soldi pubblici sbandierati in bella vista. Però la rissa iniziale fatta a testate cartoonesche i lunghi titoli di apertura sulla sola inquadratura della ruota di una moto sono roba da interpellanza parlamentare.

Tre metri sopra il cielo

La storia è semplicissima. Lo era ieri e lo è oggi. Ma allora come mai guardandola sembra di assistere a intrecci surreali che metterebbero in crisi anche gli studiosi di David Lynch? I flashback in stile spot antipirateria cercano di spiegare il passato travagliato di Step. I discorsi con le amiche aiutano a capire la pulsione a rovinare la propria vita di Babi. Una “ragazza come tante” che suggerisce la versione al cellulare durante un’interrogazione, ma chiamata alla lavagna si dichiara impreparata. Fin qui ci siamo. C’è l’adolescenza, il sesso, la ribellione, lo slang e ovviamente l’amore. Però non si vede una progressione logica tra queste cose.

C’è un padre che va dal fidanzato teppista della figlia per cantargliele e finisce a giocare a soldi a biliardo. C’è un’insegnante che si fa rapire il cane e corrompere per tutto l’anno scolastico salvo poi decidere di denunciare. Ma soprattutto: c’è un fastidiosissimo narratore fuori campo che risponde alla voce del DJ di radio Caos. Interpellati nell’analizzare il significato dei suoi monologhi, illustri linguisti hanno lasciato la professione nello sconforto. 

C’è un filo che lega cose apparentemente lontane. Alcuni lo chiamano coincidenza, ma è un filo invisibile… Beh, la canzone che arriva per alcuni di voi è un filo invisibile!

Eh?

Tre metri sopra il cielo faceva tanti soldi

Come After… ma prima di tutti. Moccia con il suo fenomeno editoriale, prima fotocopiato e passato sottobanco, poi diventato un bestseller, aveva anticipato un modo di fare successo partendo dal passaparola online e non.

Tre metri sopra il cielo con i suoi sequel letterari (e quello cinematografico) è un prodotto come un altro, solo che più furbo e ruffiano. Un prodotto, appunto. Uno di quelli che schiaccia i bottoni giusti di un pubblico pre letterario (o comunque ancora dedito a una letteratura acerba) e a uno che ha da poco lasciato i cartoni animati per quanto riguarda l’audiovisivo. Tre metri sopra il cielo è stato per molti il primo film con scene di sesso, per modo di dire.

Ha fatto anche qualcosa di buono. Il film ha lanciato Riccardo Scamarcio, un attore vero, di peso, oggi. Certo, gli ha complicato un po’ la vita con quella immagine da eterno belloccio e dannato, ma è stato un inizio dal basso che funziona, purtroppo, poche volte. Al box office è andato benissimo, cavalcando una moda che si è esaurita anche relativamente presto. La fiammella si è spenta perché non più alimentata. Ci si è gradualmente dimenticati di quel pubblico lì, lo si è perso per strada, lasciando che fossero gli young adult americani a farli sognare con ingenuità.

Tre metri sopra il cielo

Oggi sono le serie TV a fare questa pesca di pubblico lanciando una rete ampissima. Solo per retare in territorio nostrano, ci sono gli emuli diretti come Summertime, ma anche stagioni riuscitissime dal tono simile ma dalla qualità assai migliore come quelle di Skam. Valore a parte, il cinema italiano con Tre metri sopra il cielo provava a parlare a un pubblico (pre) adolescente che oggi non intercetta più. Se ai bambini ancora riusciamo a rivolgerci grazie al fenomeno dei Me contro Te, e dai trent’anni in su ci sono ancora le commedie di Aldo Giovanni e Giacomo e i vari Toni Servillo, abbiamo completamente delegato alla TV l’intrattenimento del pubblico giovanile.

Il problema, nel caso di Tre metri sopra il cielo, è che il dialogo con questi spettatori c’era, ma era un discorso fatto a versi e a frasi sconnesse. 

Nessuna vergogna

Chi era in target negli anni di uscita (il pubblico delle scuole medie e primi anni delle superiori) ricorda il film come pruriginoso. Non lo era. Ricorda anche le ossessioni di un pubblico prevalentemente femminile, il cui sguardo non è stato più coccolato così. Tre metri sopra il cielo parla ai loro desideri. Il tentativo di farne equivalente maschile, Albakiara (che mischiava gli amori criminali al titolo musicale come Notte prima degli esami) fu ancora più atroce. 

Non c’è una scena che si salvi, la grammatica del cinema cede come le parole dei protagonisti, la consecutio emotiva anche. Si salta da un estremo all’altro, a una morte drammatica segue mezza lacrima e via. Non c’è nulla che non sia uno stereotipo: i giovani sono messi in scena nel film da chi sembra non essere mai stato come loro. Una visione tristissima che parte da adulti che non sanno come mai i figli facciano certe cose (l’opposto di Skam che è un trattato di psicologia in confronto). Ci sono gli occhioni azzurri di Scamarcio e situazioni da sogno erotico da due soldi: sei sporca di letame? Spogliati e vieni in moto con me. Che ne dici di andare a fare un bagno nudi in piscina in piena notte con gli amici?

Non giudichiamo. Va ammesso però che del vasto pubblico richiamato, una piccola parte si emozionò. Tanto. Autenticamente. Per i bassi motivi elencati qui sopra, ma accadde veramente. Se a qualcuno è mai piaciuto il film quindi non deve vergognarsi. Tre metri sopra il cielo è stato un guilty pleasure del 2004, una visione colpevole che diventava più attraente più la gente ne parlava male.

Ora però se lo riguardate siete solo colpevoli. Perché sì, 3msc è irritante, tamarro e assurdo come lo si ricorda. Le emozioni passate vanno rispettate. Nessun rimpianto, nessun rimorso. Ma come direbbe il DJ di radio Caos, certe cose si vivono autenticamente e poi, una volta passate, ci si augura solo una cosa: mai più.

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