Giochiamo allo stesso gioco di Christopher Nolan. Scompigliamo le carte, rimescoliamo i piani temporali, i film, la sua carriera e troviamo gli indizi per risolvere l’enigma. Oppenheimer, a una prima impressione, sembra la sua opera più isolata dal resto della sua filmografia. È il primo biopic. È Rated-R. C’è tanta scienza dentro Oppenheimer che però non può sfociare nella tanto amata fantascienza. Nolan alle prese con una storia vera si era già visto in Dunkirk, ma qui non c’è solo un evento storico, c’è un uomo, con un’esistenza ben precisa e lineare su cui basarsi.

Eppure quando si vede Oppenheimer diventa chiaro che il film non poteva essere più personale di così. Inserita perfettamente nella filmografia, l’ultima fatica del regista è la conseguenza logica di tutto ciò che è venuto prima.

Come in un suo film, Nolan ha disseminato indizi per tutta la sua carriera che hanno portato a Oppenheimer. Piccoli pezzi sparsi qua e là, intuizioni di successo prese e incastonate nell’affresco di un uomo che si ritrova di fronte a un potere più grande di lui. C’è il rimorso, l’ansia di infinito, l’ossessiva ricerca di una risposta anche a costo di pagarla con la vita. Basterebbe solo questo per dimostrare quanto Oppenheimer sia un logico proseguimento di un discorso presente in quasi tutti i suoi film. 

Oppenheimer è stato così costruito man mano, accumulando esperienze che si sono tramutate in idee. Ci sono indizi già a partire dal secondo film: Memento

I colori di Oppenheimer

Nolan ha girato con cineprese IMAX a colori e con un’innovativa pellicola in bianco e nero (LEGGI TUTTO QUI). Ha spiegato il perché di questa scelta:

Non so se qualcuno l’aveva già fatto, ma il film è raccontato in modo oggettivo e soggettivo. Le scene a colori sono soggettive, quelle in bianco e nero oggettive. Le scene a colori sono in prima persona.

Una scelta narrativa già sperimentata dal regista in Memento. L’intero film è composto da due parti incrociate. Il suo protagonista, affetto da perdita della memoria a breve termine, cerca di ricostruire cosa gli sia successo saltando da un punto all’altro del film, proprio come lo spettatore. Così le sequenze in bianco e nero si svolgono in avanti, mentre quelle a colori vanno indietro nella progressione narrativa.

dunkirk

Il parente più prossimo di Oppenheimer è ovviamente Dunkirk. Siamo nel maggio del 1940, l’operazione Dynamo viene letteralmente sezionata, tagliata in tre, nel film. Nolan non ne fa una storia di eroi ma di terra, mare, cielo. Tre piani narrativi che si ritrovano anche nelle prime sequenze del film più recente; ci sono le istruzioni con cui leggere i due capitoli della vita dello scienziato. Uno è la fissione, l’altro è la fusione. Un’idea già usata, ma nuovo è l’uso che ne fa (prima erano i piani temporali, ora i piani della verità). 

Chissà se arriverà mai un terzo film a chiudere la trilogia della guerra di Nolan…

Un’idea può distruggere il mondo

Christopher Nolan è il regista delle idee. Il suo nemico e il suo McGuffin sono spessissimo le intuizioni. Lo erano per Joker (l’idea del caos) e per Batman (un simbolo può salvare una città). Lo è per Following, in cui le case, la disposizione degli oggetti a noi cari, raccontano tutto quello che siamo. Ovviamente le idee sono le protagoniste assolute di Inception

Abbiamo imparato da Cobb e soci che queste possono essere impiantate nel subconscio. In quel modo la persona che la subisce è inesorabilmente trascinata da questa intuizione. Non la controlla, non può liberarsene. 

dunkirk

Succede la stessa cosa con Robert J. Oppenheimer e con Joseph Cooper di Interstellar. Abbiamo già raccontato la vicinanza tra i due personaggi in questo articolo. La si può sintetizzare facilmente. Due creatori, due figure simili a “divinità umane” che si rendono conto solo alla fine del loro viaggio di esserlo. Uno diventa il distruttore di mondi, l’altro il salvatore mandato da altri uomini all’incrocio tra spazio e tempo. Oppenheimer ha visioni del futuro. Cooper dal futuro comunica con il passato. Ieri, oggi e domani coincidono nei momenti chiave della sopravvivenza dell’uomo. 

Il Trinity test e il lancio dentro Gargantua sono due eventi ugualmente disperati. Partiti tutti da un’idea folle. 

Una sfida tra due uomini

Il seme di Oppenheimer è presente anche nel luogo più assurdo dove trovarlo: un dramma in costume con due maghi che si sfidano al trucco più ardito. The Prestige. Christian Bale contro Hugh Jackman, come Cillian Murphy contro Robert Downey Jr. Due rivali che si rivelano essere due facce della stessa ossessione. 

Insieme al tema della dualità (che gran personaggio che è Due Facce in mano sua), c’è anche quello della colpa. Un senso di colpa per ciò che potrebbe accadere che stringe gli scienziati in un incubo perenne. Il sogno della scienza senza limiti, del progresso velocissimo e incontrollato, si tinge di conseguenze oscure per l’incapacità dell’uomo di comprendere la sua potenza. Una colpa interiore che priva del sonno, che crea incubi lucidi. Era già in nuce nel detective disperato Will Dormer di Insomnia.

Oppenheimer era già in Tenet

Priya chiede al Protagonista in Tenet se abbia famigliarità con il Manhattan Project. Gli spiega che a ridosso del primo test atomico Oppenheimer ebbe paura che la detonazione potesse produrre una reazione a catena che avrebbe dato fuoco al mondo. Ci hanno provato lo stesso e hanno avuto fortuna. Priya continua invitando il protagonista a pensare ai loro scienziati come gli Oppenheimer di quella generazione.

Incredibile come, già nel film precedente, uno dei personaggi di Nolan raccontava con questo dialogo al suo protagonista il senso intero dell’opera successiva. Ci hanno provato lo stesso, dice. Perché questo è uno dei fili più robusti che collegano la sua filmografia. Nolan racconta persone che hanno dentro di loro un potere che non sanno gestire, azioni dalle conseguenze impossibili da quantificare. Eppure ci provano lo stesso. Anche a costo di vedere il mondo bruciare.

LEGGI – Oppenheimer: il supervisore degli effetti visivi parla della realizzazione delle esplosioni

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