Dalla forza viscerale con la quale Samil Shaheen grida “Azione!” con un colpo che pare venire ogni volta dal diaframma, si dovrebbe capire tutto.

Cineasta dalla produttività mostruosa (più di 110 film e ha intorno alla 50ina d’anni) e dalla qualità al di sotto di qualsiasi standard occidentale ma apprezzata nell’inesistente industria del cinema afghana (da cui il titolo del documentario), Samil è scrittore, produttore, regista e attore dei suoi film d’azione sgangherati ma vitali. Conosciuto e amatissimo, gira con amici e conoscenti improvvisati da decenni, balla e canta nei suoi film, ha ambizioni senza senso per i propri mezzi a cui associa volentieri una bocca larga quanto quella di Mohammed Alì.

Cineasta come non sarebbe concepibile altrove, innamorato del cinema da quando era nell’esercito, continua a concepirlo come qualcosa di militare e si percepisce come un generale. Per lui le prime caratteristiche di un regista sono la forza e il vigore fisico, poi il bel canto. Se il suo op...