Paolo Ruffini è una figura inconsueta nel panorama italiano. Per metà comico, per metà conduttore televisivo e per un quarto spalla, si è ritagliato spazi in televisione prima e al cinema poi virando sempre di più (e con una certa gioia sembrerebbe) verso le commedie più basse. Esclusi due exploit (in ruoli minori) con Virzì, Ruffini al cinema è arrivato con cinepanettoni e nei casi migliori con film di Fausto Brizzi, professando un'indefessa fede nella serie B.

Ora che ha deciso di esordire come regista (anche se lui stesso sostiene di essere stato molto aiutato da Guido Chiesa, con cui ha anche scritto l'opera) non meraviglia che il risultato sia una vera commedia di serie B contemporanea.

In una fase storica in cui serie B è genericamente un complimento, in cui significa onestà, pochi fronzoli e un atteggiamento franco e diretto con lo spettatore, il cinema di secondo livello, quello fatto peggio, pi&ugr...