Io C'è
di Alessandro Aronadio
29 marzo 2018
In Io C’è è così forte l’urgenza di pronunciarsi contro le religioni organizzate e spiegare come siano implausibili costruzioni finalizzate al mantenimento di una forma di potere sociale ed economico, che manda all’aria tutto l’impianto di commedia. L’idea originaria infatti non era male: un traffichino che sta progressivamente sperperando il patrimonio di famiglia in attività fallimentari, con il suo bed and breakfast finisce in concorrenza con delle suore, lui si mantiene a stento mangiato vivo dalle tasse, loro fanno accoglienza ad “ospiti” che finito il soggiorno fanno “donazioni”, così possono non pagare le tasse e prosperare. Ispirato decide di fare lo stesso ma non trova preti, imam o rabbini compiacenti per avere la destinazione d’uso religioso e così opta per la scelta radicale di fondare una sua religione.
A questo punto Io C’è inizia a perdersi. Perché una volta impostata la prospettiva e mostrato l’intreccio, introduce Giuseppe Battiston, ideologo del terzetto formato dal p...
Commedia tradizionale fino a metà, Io C'è si fa prendere dal suo furore antireligioso, smette di essere sottile e perde ogni forza e ogni spunto
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