Ci sono sempre delle famiglie nei film di David O. Russell, molto spesso sono quelle naturali, più raramente quelle nuove, costituite da conoscenti che si stringono così forte da sembrare parenti. Le famiglie, formate da persone che chiunque altro adorerebbe odiare mentre David O. Russell riesce a guardare con affetto senza negarne mai il lato bastardo, sono il nucleo principale attraverso il quale questo regista legge l’incrociarsi di comico e drammatico, di grottesco e infelice nell’esistenza umana, ma in senso più filmico la famiglia è anche l’unità base delle sue inquadrature, che rifiutano il campo/controcampo e preferiscono tenere quante più persone in scena contemporaneamente per farle interagire. Joy non fa eccezione, anzi eleva alla massima potenza questo principio, raccontando di una donna che per emergere deve lottare contro una famiglia che sembra accompagnarla in ogni fotogramma e che intende aiutarla mettendoci tutto l’egoismo possibile.

È la storia (più o meno vera) dell...