Che I, Tonya sia un film derivativo è immediatamente chiaro dalle prime scene in cui i personaggi, oggi, sono presentati con un’inquadratura da finta intervista televisiva in 4:3. Sono nelle loro case e sembra di vedere per un attimo un film di Wes Anderson tanto la coerenza dei colori e scenografie si accoppia con i caratteri di chi le abita. Saranno loro a raccontare, da molti punti di vista diversi, cosa è accaduto 30 anni prima, con la confidenza con lo spettatore (a cui si parla anche direttamente rompendo la quarta parete) di The Wolf of Wall Street, film che è un modello per I, Tonya tanto quanto La Grande Scommessa.

Gillespie si capisce che vuole realizzare un film che appartiene al genere delle vere storie anni ‘80 e ‘90 raccontate nella loro naturale assurdità, trame ed intrecci credibili solo perché veri, altrimenti troppo implausibili ed idioti per stare in un film. Lo vuole così tanto da usare i carrelli veloci in avanti ad inizio scena di Scorsese e l’ossessione per l’umo...