Bombay Rose
8 marzo 2021 su Netflix
Ci voleva forse un’animatrice autodidatta che non è stata formata da nessuno che non è stata inserita fin da subito dentro l’industria ma che viene da fuori, che non ha maestri se non quelli che si è scelta da sé e che non ha sudditanze verso il resto del cinema indiano per fare un film come Bombay Rose. Uno che inizia con un cinema in cui è proiettato un film di Bollywood e ci è subito evidente cosa non vada. Bombay Rose vuole attivamente lavorare sull’immaginario bollywoodiano includendolo nella sua narrazione, inglobandolo nei suoi disegni così che i suoi personaggi lo guardino e scelgano se aderire o no, se dimostrarsi diversi o vittime di quell’impostazione.
Quella di Gitanjali Rao è un’altra realtà, diversa. Una che ci tiene a mostrare di disprezzare gli stereotipi di genere che il cinema indiano mainstream propone, conferma e reitera, in cui personaggi che sognano di essere quello che vedono sullo schermo imitano le star nella vita vera contro le protagoniste.
Anche solo ...
Davide che prende di petto Golia, una storia di donne, uomini, immigrati e persone in cerca di emancipazione in Bombay Rose è un modo per rappresentare un altro modo rispetto a Bollywood
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