Minority Report è innanzitutto tre cose. È uno dei due pilot della settimana ad essere un sequel diretto di un film, insieme al Limitless della CBS. È una delle due trasposizioni da Philip K. Dick della stagione, insieme al più invitante The Man in the High Castle di Amazon Studios. Infine, è lo stanco manifesto di una televisione generalista, che coincide spesso con la Fox, ma non si ferma certamente qui, ripetitiva nelle proposte, meccanica negli svolgimenti, svogliata nell’esecuzione. Le critiche oltreoceano l’avevano già segnata, e anche gli ascolti non sono stati clementi, ma è difficile trovare qualcosa di positivo nel sequel televisivo del film diretto da Steven Spielberg, che qui è anche produttore, nel lontano 2002.

Circa due minuti e mezzo di narrazione non sono un buon biglietto da visita per nessuna serie, e Minority Report non fa eccezione. Siamo nel 2065, dieci anni dopo lo smantellamento della sezione precrimine della polizia, una struttura che sfruttava le c...