Lo scrivevamo la scorsa settimana. True Detective inquadra la propria struttura narrativa in uno spazio quadrimensionale, che vive di sensazioni e avvenimenti spalmati su diciassette anni, che oscilla come un pendolo tra passato e presente, elemento interno ad una vicenda che si sviluppa come un doppio flashback (dalla settimana prossima soltanto uno) ed esterno ad una serie che vive della propria totale autoconsapevolezza, della possibilità di potersi guardare dall’esterno nella propria completezza, assodato che in otto puntate ogni cosa si concluderà. Come Cohle, che accartoccia una lattina per simulare la comprensione tra avvenimenti passati e presenti, che cita a più riprese l’eterno ritorno nietzschiano, che trae forza dalla distruzione del mostro dell’incubo solo per ripiombare in quel sogno nero pochi anni più tardi. È l’episodio della svolta per True Detective, che risponde a molte domande, che chiude alcuni segmenti, che accartoccia la fisarmonica della stor...