L’iniziativa Biennale College – Cinema – con cui la Biennale di Venezia promuove nuovi talenti offrendo loro di operare a contatto di maestri, per la realizzazione di lungometraggi a micro budget – è arrivata alla sua sesta edizione dopo una call internazionale e una dedicata esclusivamente ai progetti made in Italy che hanno fatto pervenire all’organizzazione ben 204 domande. I 12 progetti selezionati per il primo workshop, che si è concluso con i pitch dei team (composti da un regista e da un produttore) avvenuti il 16 ottobre a Venezia, provengono quindi tre dall’Italia e i restanti nove rispettivamente da Canada, Cina, Colombia, Polonia, Messico, Spagna, Turchia, Ungheria e USA.
Dopo la presentazione in cui i team hanno condiviso aspetti legati alla creazione della storia, ai percorsi personali che li hanno portati all’ideazione del potenziale film e ai loro progetti, solo tre titoli proseguiranno il proprio cammino nelle fasi successive, composte da ulteriori workshop che si terranno sempre a Venezia – dal 3 al 6 dicembre e dall’11 al 15 gennaio 2018, per poi dare il via alle produzioni di 3 lungometraggi (opera prima o seconda), di cui uno italiano, che dovranno essere a basso costo, che avranno il supporto di 150mila euro e che saranno poi presentati alla 75. Mostra del Cinema di Venezia 2018.

Biennale College – Cinema, progetto che può contare sul sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale Cinema, si avvale inoltre della collaborazione accademica con IFP di New York, con il TorinoFilmLab e con il Busan International Film Festival.

I nove team non selezionati dopo il primo workshop potranno comunque ottenere sostegno e aiuto da parte degli esperti coinvolti nell’iniziativa per riuscire a produrre la propria idea.

Fino al 20 ottobre 2017 è inoltre ancora aperto il bando per la seconda edizione di Biennale College – Cinema Virtual Reality. Le candidature possono essere inviate accedendo al sito www.labiennale.org dove è presente un formulario dedicato.

Muovendosi tra le opportunità estetiche e narrative offerte da questa forma audio-visiva, l’iniziativa fornisce a professionisti provenienti dal mondo delle arti e del cinema, che abbiamo un background ricco di esperienze in diversi campi, le competenze necessarie per affrontare il formato a 360°, coinvolgente e interattivo. Grazie al supporto di esperti internazionali che operano nel settore, i filmmakers indipendenti e creativi da tutto il mondo verranno aiutati a cimentarsi con la realtà virtuale e scopriranno come adeguare, in maniera fluida, le proprie conoscenze a questo campo. Nel corso del programma i partecipanti acquisiranno così un know-how specifico riguardante il 360° immersive storytelling, ridefinendo la relazione che intercorre tra la storia e il pubblico.

Biennale College – Cinema Virtual Reality, realizzato grazie al contributo del programma Creative Europe – MEDIA e con la collaborazione del TorinoFilmLab, selezionerà fino ad un massimo di tre team formati da regista e produttore che lavoreranno allo sviluppo di progetti di realtà virtuale della durata massima di 30 minuti, allo stadio di ideazione, supportandoli nel loro avanzamento per tutto ciò che riguarda il processo creativo, la produzione, il pubblico e i mercati di riferimento e l’aspetto finanziario. Tra i progetti su cui si lavorerà durante il workshop, fino a un massimo di tre riceveranno un contributo alla produzione fino a € 60.000 ciascuno grazie al sostegno di SONY e saranno poi presentati alla 75. Mostra del Cinema di Venezia 2018.

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Alberto Barbera, il direttore della Mostra del Cinema di Venezia, nella nostra intervista, compie un bilancio di queste prime sei edizioni di Biennale College – Cinema e analizza i cambiamenti in atto nel settore cinematografico.

Biennale College è arrivato alla sua sesta edizione, dopo aver già contribuito alla realizzazione di 16 film. Come si è evoluto il progetto in questo periodo e quali sono invece i punti di forza rimasti immutati nel corso del tempo?

In questi sei anni il progetto non è cambiato, è cresciuto. Biennale College era una scommessa nata sei anni fa e oggi è una realtà, e questo è il grande cambiamento. E’ una realtà che ha prodotto 16 film fino a oggi e ne produrrà altri 3 nel corso del 2018. Ormai è un punto di riferimento per la formazione e per il sostegno ai giovani autori che vengono seguiti, aiutati, supportati e finanziati per trasformare dei talenti ancora acerbi in giovani registi con una competenza e una capacità di gestire la realizzazione di un film. Quest’anno i progetti sono particolarmente forti: è questo il feedback che ho ricevuto da tutti i tutor, e sono tanti, che li hanno seguiti in questa prima fase. Non sarà facile scegliere tra i film che dovremo finanziare ma tutto questo è molto positivo e la conferma che l’investimento fatto in questi sei anni sta producendo risultati davvero significativi.

La realtà virtuale, con gli spazi allestiti al Lazzaretto Vecchio, nella passata edizione della Mostra del Cinema ha ottenuto un ottimo riscontro da parte della critica e del pubblico. Biennale College si occuperà anche di questi progetti innovativi per la seconda volta, sostenendone la realizzazione, in che modo vi state muovendo per valorizzare questo settore?

Noi continueremo a dare spazio ovviamente, abbiamo aperto questa breccia in un comparto completamente inedito, che è ancora, se vogliamo, in fase sperimentale ma abbiamo creduto giusto essere i primi a costruire un’opportunità di valorizzazione di un nuovo linguaggio cinematografico che sta nascendo sulla base di una disponibilità tecnologica in grande evoluzione. Biennale College VR è un modo per accompagnare in modo concreto ed effettivo, ancora una volta, i giovani talenti disposti a misurarsi con questo nuovo linguaggio, con questa nuova tecnologia. Il concorso, come hai ricordato, ha avuto un grandissimo successo e ci sarà una prossima edizione, la seconda. Siamo certi che avrà un’accoglienza ancora più ampia visto che il numero di produzioni di qualità in questo settore si sta moltiplicando.

La 74. Mostra del Cinema si è conclusa con la vittoria, forse un po’ inaspettata e sorprendente considerando che è di un genere tradizionalmente poco premiato ai festival e non solo, di The Shape of Water di Guillermo del Toro. Tra i 12 progetti della Biennale College ci sono diversi titoli caratterizzati da un approccio fantasy o a sfumature sovrannaturali e sci-fi. La conquista del Leone d’oro può secondo lei contribuire a una maggiore apertura nei confronti di generi in passato non considerati nel modo adeguato dalla critica e dai membri delle giurie?

Noi non facciamo altro che intercettare dei cambiamenti che avvengono all’interno del sistema delle arti contemporanee e del cinema contemporaneo. La commistione tra il cinema d’autore del passato, o quello che noi finora abbiamo considerato come cinema d’autore, e invece quello di genere, quello commerciale, più orientato nei confronti del pubblico, è crescente, come se gli autori avessero bisogno di appoggiarsi a codici in qualche modo conosciuti per cercare un nuovo modo di comunicare e di costruire un rapporto con il pubblico. La Mostra non fa che intercettare questa novità, questa emergenza, queste nuove tendenze che sono caratteristiche della produzione cinematografica contemporanea d’autore. Se tutto questo è destinato a consolidarsi in un nuovo sistema e nuove forme narrative ed espressive lo vedremo soltanto nei prossimi anni. Mi sembra importante che abbia vinto un film come quello di Guillermo del Toro che conferma questa apertura che la Mostra ha cercato progressivamente in questi anni e che, nell’ultima edizione, ha forse assunto la forma più visibile e condivisa da tutti, critici e pubblico.

In questi giorni, per chi lavora nel campo dell’informazione e in particolare nel settore del cinema, è purtroppo impossibile non parlare dello scandalo Weinstein. Pensa che le rivelazioni e le testimonianze condivise daranno vita a una nuova fase a Hollywood, cambiando anche a livello internazionale in qualche modo il sistema produttivo e di distribuzione?

Le dimensioni di questo fenomeno sono abbastanza impressionanti, nel senso che sappiamo che i divani dei produttori sono sempre esistiti e che forme di violenza e di pressione sulle attrici ci sono dappertutto, appartengono in qualche modo alla storia del cinema, anche documentata. Certamente la storia di Weinstein è destinata a lasciare un segno. Mi auguro che possa avere delle conseguenze positive e non dare vita a quella che per esempio Woody Allen ha definito un pericolo, cioè una sorta di caccia alle streghe di cui non avremmo assolutamente bisogno. Spero invece che abbia una funzione positiva nel riequilibrare i rapporti tra i generi all’interno dell’industria del cinema, tra uomini e donne, che sicuramente finora sono stati sbilanciati e dove le donne, in qualche modo, hanno rappresentato la parte delle vittime. Il fatto che abbiano avuto il coraggio di denunciare apertamente e in maniera così radicale i vizi di un sistema spero che davvero possa aiutare tutti.

Qualeè il suo augurio per questi dodici team di talenti che hanno presentato oggi i loro progetti e muovono i primi passi nella realtà dell’industria cinematografica?

Credo che oggi, in realtà, la rivoluzione digitale abbia moltiplicato le occasioni per i giovani di poter fare film e di poterli realizzare a basso costo. L’auspicio è quindi, ed è un po’ alla base del progetto Biennale College, che questi ragazzi possano trovare occasioni per essere aiutati a crescere perché non basta avere la possibilità di fare un film con pochi soldi, bisogna sapere come farlo, essere aiutati, supportati e guidati per trasformare un’intuizione, un desiderio nella capacità concreta di padroneggiare un linguaggio, un’estetica, un mezzo di espressione.

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I 12 progetti della 6a edizione selezionati per il primo workshop sono i seguenti:

Besos Negros (Black Kisses) Alejandro Naranjo (regista, Colombia) | Omar Razzak (produttore, Spagna)

Un esorcista, un santone satanista e una persona posseduta da una presenza demoniaca. Tre storie d’amore attraversate dal misticismo e dalle sue manifestazioni divine e diaboliche.

Deva Mall Petra Szocs (regista, Ungheria) | Péter Fülöp (produttore, Ungheria) | Gergő Nagy (co-writer, Ungheria)

Ora ti veniamo a prendere gentilmente, lanciandoti nel fuoco.

Dos Estaciones Juan Pablo González (regista, Messico ) | Jamie Gonçalves (produttore, Brasile / USA)

Ambientato negli altopiani di Jalisco in Messico, dove viene prodotta la maggior parte di tequila del mondo, un ostinato proprietario terriero affronta le difficoltà di un inevitabile tracollo degli affari. Nella stessa città, un make-up artist si innamora del proprietario di un ranch.

The Expat – Daniel Laabs (regista, USA) | Jeff Walker (produttore, USA) | Jan Brandt (co-writer, USA)

In seguito allo smarrimento del passaporto, Ian, un giovane gay, si trova da solo in un’isola dei caraibi. Obbligato a fare affidamento su un imprevedibile gruppo di americani espatriati, le vacanze di Ian diventano un incubo ad occhi aperti tra sopravvivenza e pesca di squali a mezzanotte.

Gepetto Z Behl (regista, USA) | Carlos Zozaya (produttore, Messico)

Una rivisitazione femminista del racconto originale, Gepetto è un trattato di genere sull’identità artistica, incentrato sulla trasformazione di una donna in un’artista sconsiderata.

The Ice Rift – Margherita Ferri (regista, Italia) | Chiara Galloni (produttore, Italia)

In un piccolo paese di montagna, dove tutto è immobile la 15enne Vanessa è stanca di essere considerata la ragazza più carina in città e trova una via di fuga, o addirittura il suo primo amore, in Maia, un maschiaccio che combatte sulle piste da hockey allo stesso modo in cui combatte la propria solitudine.

Stellanera – Valentina Bertuzzi (regista, Italia) | Alessandra Grilli (produttore, Italia)

Quando una giovane donna cerca di rimanere incinta, la sua vita viene invasa dal fantasma della propria madre deceduta.

Swamp Queen Xander Robin (regista, USA) | Tatiana Bears (produttore, USA)

Nel profondo sud ovest della Florida, una pilota ferita di swamp buggy, veicoli anfibi utilizzati per competizioni in terreni paludosi, compie una discesa nel caos alla ricerca della sua amica scomparsa, un’aspirante regina di bellezza.

A Time of Gods – Piotr Stasik (regista, Polonia) | Pawel Kosun (produttore, Polonia)

Basta che un politico buffone prema un bottone, basta una tempesta magnetica nel Sole o un virus mutante. La fine può arrivare in ogni istante. “The Time of Gods” (Il tempo degli dei) è la storia di che cosa ci aspetta quando la nostra civiltà collasserà.

To Live To Sing – Johnny Ma (regista, Canada/Cina) | Jing Wang (produttore, Cina)

L’irascibile direttrice della compagnia dell’opera di Sichuan deve fare i conti con la demolizione del suo teatro e dovrà trovare alla sua troupe una nuova casa prima che la “famiglia” si disgreghi.

Wild Youth – Lorenzo Lodovichi (regista, Italia) | Ines Vasiljevic (produttore, Italia)

In un futuro prossimo viene inventato l’elisir dell’eterna giovinezza. Chiunque lo assume smette di invecchiare e vive in comunità chiuse, zeppe di persone falsamente giovani. I residenti vivono nella costante paura dei giovani, quelli veri, chiamati “Giovani selvaggi”.

Yuva (Home) – Emre Yeksan (regista, Turchia) | Anna Maria Aslanoglu (produttore, Turchia)

La vita solitaria di Veysel, un uomo che vive nei boschi alla stregua di un animale, viene distrutta quando quella terra viene venduta. La sua ostinazione si trasforma in un confronto con il fratello minore Hasan che arriverà dalla città per convincerlo a lasciare quei luoghi.

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