Tra i film dell’edizione 2023 di Cannes c’è uno dei migliori mix visti negli ultimi anni tra passato, presente e futuro. E molto cinema italiano

Che fine ha fatto Matteo Garrone e il suo Io Capitano? Impossibile non chiederselo alla fine della conferenza stampa di presentazione della prossima edizione del festival di Cannes. I film italiani ci sono e sono molti, ben 3 e tutti in concorso, il posizionamento più importante.

Ma Matteo Garrone è uno dei registi che il festival coccola, che tratta bene e che tiene in gran riguardo, ha vinto due volte (con Gomorra e Dogman)! Insomma è il tipo di nome che Cannes di solito si tiene stretto. Il film, è noto, è pronto e finito ed è stato inviato al festival. Eppure oggi non c’era nell’elenco della seleziona ufficiale. È facile immaginare che quattro italiani in concorso sarebbero stati troppi, ma se Moretti e Rohrwacher sono inamovibili (per ragioni diverse, forse anche opposte), Cannes ha davvero preferito un film di Marco Bellocchio a uno di Garrone? Che strano. 

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La chimera – ph credit: Simona Pampallona

Alcune ipotesi sull’assenza di Garrone da Cannes 2023

A questo punto le ipotesi che è logico fare sono (in ordine di probabilità): Io Capitano sarà uno dei film che ancora vanno annunciati, quindi è stato tenuto da parte perché magari in ballottaggio con qualche altro titolo per il concorso o perché gli è stato proposto il fuori concorso e la produzione non l’ha ancora accettato o rifiutato; Io Capitano infastidito dal non essere stato messo subito in concorso andrà alla Quinzaine (quello che fece l’anno scorso Pietro Marcello con Le vele scarlatte e prima ancora Coppola con Tetro), anche se per Garrone sarebbe un declassamento; Io Capitano preferisce a questo punto essere accolto in pompa magna a Venezia (un’ipotesi che possiamo definire “il ritorno del figliol prodigo”), visto anche quanto abbia detto bene a Sorrentino fare lo stesso (ma lui era costretto dal fatto che il film era Netflix). Una cosa è certa in ogni caso: ai selezionatori di Cannes Io Capitano non dev’essere piaciuto granché.

La selezione tra vecchio, attuale e nuovo

Quello che invece c’è nella selezione ufficiale è un mix migliore del solito di vecchio, attuale e nuovo. Là dove come sempre il nuovo è l’ignoto promesso da una serie di nomi poco sentiti o mai sentiti (nel caso degli esordienti) che sono stati messi anche in concorso. Si tratta di promossi da Un Certain Regard come Karim Ainouz o Kaouther Ben Hania o esordienti totali come Ramata-Toulaye Sy.

Il presente invece è rappresentato da un manipolo di autori che in questo momento (a prescindere dall’età) sono la cosa più interessante che si possa guardare, e sono Alice Rohrwacher, Todd Haynes, Hirokazu Kore-eda, Nuri Bilge Ceylan e Jonathan Glazer ma anche a sorpresa Bellocchio (i cui ultimi anni sono migliori dei passati).

Infine i grandi maestri sono quei cineasti che hanno un posto prenotato a prescindere, quelli che più facilmente rischiano di deludere, e quindi Wes Anderson, Nanni Moretti, Aki Kaurismaki, Ken Loach e Wim Wenders. Non male sulla carta, meglio (sempre sulla carta) di molte edizioni recenti.

Killers of the flowers moon Leonardo DiCaprio Apple TV+ streaming

I filmoni fuori concorso

Il vero colpo però Fremaux è riuscito a metterlo a segno fuori dal concorso, nelle sezioni che già faticavano prima della pandemia e che più hanno risentito del covid e del post covid, delle edizioni saltate e di quelle tenute nonostante tutto. Tornano i grandi film americani in primis Indiana Jones e il quadrante del destino e poi Killers Of The Flower Moon (per un pelo non in concorso) ma anche Kubi di Takeshi Kitano e The Occupied City di Steve McQueen. Tra concorso e fuori concorso c’è sicuramente spazio per un grande talent al giorno, cosa che non era vera ad esempio già l’anno scorso o due anni fa, in cui certe giornate erano prive di nomi forti. Non sarà questo il caso. Meno film del solito, più film promettenti.

Una gara più paritaria tra Cannes e Venezia

Impossibile non notare che questo ritorno di ottimi e grandi film a Cannes corrisponde alla fine dell’era delle produzioni imponenti di Netflix, quando una buonissima fetta dei film maggiori americani erano costretti a saltare Cannes e quindi cadevano nel cesto di Venezia. Adesso la gara torna ad essere più paritaria. Esistono ancora film che non rispettano le finestre distributive francesi (ad esempio Killers Of The Flower Moon) ma a differenza di Netflix accettano di buon grado di stare fuori concorso. E già è facile sentire Thierry Fremaux preparare un discorso da fare ad un certo punto nei prossimi anni, in cui sostenere che Cannes ha tenuto duro e il suo principio di fiducia nella sala e nelle finestre lunghe è durato più della fase da grande produttore di Netflix.

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