Bertrand Mandico è già un autore di culto. Con i suoi primi due film, Les garçons sauvages e After Blue, ha dato prova di un’estetica visivamente sorprendente che, mischiando svariati modelli, è unica e riconoscibile. Così, alla proiezione al Festival di Cannes del suo nuovo lavoro, Conann (LEGGI LA RECENSIONE), il regista è stato accolto dai boati, più che dagli applausi, del pubblico presente, segno di una fama che, seppur ristretta, è ormai consolidata. Per sua stessa ammissione, Conann costituisce con i due lungometraggi precedenti una trilogia: “Les garçons sauvages è ambientato nel paradiso, After Blue nel purgatorio e questo nell’Inferno“. La storia infatti, rendendo di genere femminile il noto personaggio mitologico, lo conduce in un viaggio dall’Aldilà al Bronx contemporaneo e lo fa incontrare con diverse versioni di sé. Durante la manifestazione, abbiamo avuto occasione di incontrare il regista insieme a un ristretto gruppo di giornalisti: Mandico ci ha spiegato perché ha deciso di raccontare questa storia e le sue fonti d’ispirazione.

Cosa ti ha attratto dal mito di Conann?

Volevo parlare dell’apice del barbarismo: l’invecchiamento, che significa in un certo senso tradire le convezioni, un aspetto molto tragico. Così ho deciso di prendere una figura iconica e ho scelto Conann. Il personaggio deriva da un romanzo di Robert Ervin Howard ma io volevo partire dalla fonte originale, che si trova nella mitologia celtica. Da qui, ho costruito la mia storia, che propone anche un discorso politico molto importante per me.

Il film parla infatti anche della società moderna, con una denuncia di aspetti che odio molto, come la corruzione degli artisti e la sete di potere. Ma soprattutto mette al centro il tema della vendetta, come questa può svilupparsi. Si tratta di un archetipo nell’industria cinematografica mai messo in discussione. Quello che invece volevo fare io con Conann.

Come i tuoi film precedenti, Conann costruisce un mondo fantastico pieno di citazioni…

Inserire le mie storie in un universo fantastico è il modo per rendere il mio cinema attraente, giocare coi codici dell’intrattenimento e della sua industria. Ma Conann non è solo un film fantasy: passa dal mondo mitologico a quello moderno. Ho dunque citato molti film: quelli fantasy, quelli appartenenti all’onirismo urbano degli anni ’80 come Rusty il selvaggio, poi film di guerra, come Va’ e vedi, e film farsa come La grande Abbuffata o Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante.

Quando scrivo un film, non penso però subito alle fonti d’ispirazione, ma mi occupo della storia e del suo sviluppo. Solo dopo, quando inizio a lavorare con la mia troupe, capisco quali possano essere i riferimenti. Ma li uso più nell’orizzonte del gioco, senza farmi problemi a dichiararli apertamente.

Conann presenta la maggior parte delle sue scene in bianco e nero, con alcuni brevi intermezzi a colori...

Ho scelto di ricorrere al bianco e nero per dare un senso di unità film: era importante per me che si sentisse un filo conduttore tra tutte queste epoche. Ma anche per questioni economiche: abbiamo girato in pellicola in appena cinque settimane, così il b/n mi ha permesso di concentrarmi solo sui contrasti e non sui colori, dandomi anche più libertà nei set da utilizzare. Ma volevo assolutamente inserire qualche momento a colori, per rappresentare i passaggi più violenti. Che fossero come degli schizzi sulla faccia dello spettatore

Hai sempre lavorato in dimensione indipendente. Accetteresti di prendere parte a una grande produzione?

Se avessi più soldi a disposizione, le persone coinvolte sarebbero più facili, per i tanti sacrifici che si fanno. Ma mi piace la libertà che si ha con i progetti low-budget, non vorrei lavorare sotto i vincoli di un produttore. È anche una questione politica e morale: non capisco perché certi film siano così costosi, andare oltre un certo budget non è più dignitoso. Mi piace trovare un modo affinché le mie idee funzionino. Per Conann ho trovato una fabbrica che lavora l’acciaio in Lussemburgo e sono andato lì con la troupe per lavorare sulle luci e sul set. Mi piace adattarmi a una certa situazione: questo in un certo modo è quello che crea il senso di un film.

Cosa ne pensate delle parole di Bertrand Mandico su Conann? Lasciate un commento!

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