Per l’uscita su Prime Video di Elf Me abbiamo parlato di come si fa questo genere di film con Gabriele Mainetti, produttore, sceneggiatore e compositore delle musiche

Dietro al progetto Elf Me c’è la Goon Films di Gabriele Mainetti e in particolare c’è proprio Mainetti, che il film l’ha scritto e alla cui produzione ha lavorato attivamente, stando sempre vicino ai registi YouNuts!. E poi, come sempre, ha anche realizzato le musiche con Michele Braga ed Emanuele Bossi

Nel film ci sono molti tocchi che è facile ricondurre all’immaginazione e alla visione di cinema di Mainetti, anche se poi messi in scena dai due registi. C’è soprattutto una capacità di immaginare un altro cinema italiano, al tempo stesso molto riconoscibile come nostro, vicino alla nostra tradizione, e molto ispirato a modelli anglosassoni. Cosa che da sempre è il marchio più evidente del cinema di Mainetti. 

Con lui abbiamo parlato in occasione dell’uscita del film su Prime Video per capire non solo cosa sia necessario fare oggi in Italia per pensare e poi realizzare un film spettacolare sul Natale, con un target di bambini e ragazzi, ma anche come veda lui, dal suo particolare punto di vista, i cambiamenti avvenuti nella produzione.

La caratterizzazione del cattivo di Claudio Santamaria è proprio quel tipo di dettagli che solitamente nei film simili a Elf Me è orrenda e viene sbagliata. Invece questa è perfetta. Da chi viene?

Da me e da Claudio. Ho suggerito ai registi che l’attore giusto poteva essere Claudio Santamaria, sapendo che con lui avremmo costruito e definito meglio il personaggio al di là delle prime stesure di sceneggiatura. Infatti l’abbiamo ingrandito. Ti dico subito che secondo me la cosa più bella è come riesce a citare il Goblin di Spider-Man, finendo quasi a parlare con un’altra entità che è sempre lui”.

elf me santamaria

L’idea più clamorosa evidente e riuscita, però, è quell’accento.

“Quello è tutto Claudio. Lui ha avuto l’idea di questa cadenza di Civita Castellana”.

E l’abbigliamento?

“Sempre Claudio, ma lì bisogna anche dare credito al gran lavoro della costumista Noemi Intino. Con lei abbiamo potuto calcare la mano e quando io, ma anche Antonio e Niccolò (gli YouNuts), l’hanno visto ci ha convinti immediatamente. Vedi, Claudio è un professionista vero, quando ha deciso di fare così questo personaggio ha cominciato a presentarsi con quell’accento alle prove costume, si vestiva e continuava a parlare così. Abbiamo provato un taglio di capelli più estremo dell’altro, e poi quel cappotto, fino alla grande idea del calzino rosa che è sempre di Noemi Intino. Così piano piano gli dai una vita. Ma sai che c’è? Quando un attore è bravo, il costume vero è l’accento”.

Oltre a questa caratterizzazione cosa ti sembra che Claudio Santamaria abbia portato nel personaggio?

“Claudio non cerca la risata. Non desidera far ridere. Non cerca la battuta. Cerca il personaggio che respiri in scena, e poi, dopo, dice anche delle battute. Dopo due film con lui in cui fa l’eroe, finalmente gli ho offerto uno ruolo da villain. Me ne sono talmente innamorato che mi sono detto: “Porca miseria, muoio dalla voglia di farci un film come regista”.

Qui tutto sembra avere la tua impronta, nasce con te l’idea?

“Sì, sì, l’idea nasce con Giovanni Gualdoni, che è uno sceneggiatore di fumetti, ha curato Dylan Dog prima di Recchioni. Adesso sta sempre in Bonelli e si interessa di Martin Mystère. Con Giovanni ci siamo incrociati ai tempi di Lo chiamavano Jeeg Robot. Lui è famoso per arrivare con 600 soggetti di cui ti dice tutto in 4-5 righe. Quello dell’elfo è quello su cui penso abbia lavorato di più”.

Tu sei conscio di questa riconoscibilità dei tuoi progetti?

“Tanto tempo fa una di queste grandi società di produzione mi ha chiesto di provare a fare un film di Natale insieme. Allora io ho pensato a un film più ordinario per il pubblico italiano, per poter uscire in sala. Quando lo presentai quella società mi disse: “Cazzo! Però da te ci aspettavamo qualcosa di più audace!” Allora mi sono detto “Ah si??” e sono tornato dopo due settimane con questa idea, ma in una versione decisamente più scorretta. Era cattivissima. L’elfo costruiva le armi. Poi chiaramente è impossibile realizzare un film così per bambini, cioè è proprio pericoloso. Allora con le dovute attenzioni l’abbiamo calibrato per un pubblico che possa essere come mio figlio. A quel punto Amazon ci ha attivato la sceneggiatura, era – diciamo – più idonea a Prime Video. E in essa cerchiamo di dare una minima soddisfazione al genitore che lo accompagna, che può ritrovare un pochettino il mood dei film anni ‘80 che ci hanno segnato”.

gabriele mainetti
Gabriele Mainetti al Festival di Venezia nel 2021

Alla sceneggiatura c’è anche Leo Ortolani, ho visto!

“Si, siamo tutti innamorati di Rat-Man e abbiamo pensato a un certo punto che forse il suo tocco poteva addolcire tutto. Lui ha dato una grande mano soprattutto in tutta la parte nella fabbrica di giocattoli di Babbo Natale”.

Quando vedo film italiani che tentano operazioni come questa, o sono ambientati in non luoghi che non si capisce dove esistano…

“Eh…”

…o sono eccessivamente italianizzati e diventano poco credibili. Tu invece, come spesso ti capita, riesci ad avere entrambe le cose: il massimo del locale senza perdere in credibilità. Questo paesino montano dove lo avete trovato?

“Quando ho cominciato a parlare del film con gli YouNuts ricordo che loro avevano questa idea un po’ americana della casetta di montagna. Gli dissi: “Lo sapete che dobbiamo fa’? Noi dobbiamo fa’ il presepe napoletano!”. Io credo che abbiamo bisogno di un’identità forte, perché con quella roba là, all’americana, non si può competere. Io lo so, perché ci sono già passato. Se tu imposti dei codici ben chiari di un determinato tipo di genere, poi li devi soddisfare. Se tu fai il capanno dove l’elfo Trip fa le cose alla E.T., alla fine non ti viene bene perché non ci appartiene, deve essere più una casetta tipo de Geppetto. E allora abbiamo, insieme allo scenografo Federico Costantini (che ha capito perfettamente l’idea), siamo andati a cercare questo paesino arroccato su una montagna. Molto italiano, molto molto nostro, proprio il presepe. E poi l’abbiamo condito con queste stranezze che solitamente non fanno parte di una narrazione nostrana. L’idea di tenere il più possibile i ragazzini con i piedi ancorati a terra e quindi anche la lingua parlata va sporcata di dialetto… Sempre per dargli un’identità”.

elf me mainetti lillo guzzanti

Mi pare che a dare una grande credibilità nel genere fantastico a questo film sia la colonna sonora. È sempre importante ma in questo film fa almeno il 70% del lavoro. Anche in scene che magari reggono meno arrivano quelle musiche e le rimettono in sesto.

“Quella musica è il collante con la fantasia, è la maniera in cui riusciamo in qualche modo a dare un’armonia per un’ora e mezza di film, qualcosa che ci faccia entrare in quel mondo”.

Hai diretto alcune parti del film? 

“Ho diretto un’unità separata quando eravamo in difficoltà. Questo è un progetto ambizioso e quindi a un certo punto siamo stati costretti a girare con due unità contemporaneamente. L’ho fatto per velocizzare certe cose”.

Che scene hai diretto?

“Quando Ciocca sta con i Buddy Buddy e arriva la papera gigante. E poi quando sta con Lillo legato e lo minaccia. E poi ho aiutato a impostare la scena della corsa con gli slittini. Sai, lì c’erano mille cose da fare, tra cui la direzione dei ragazzi. Addirittura di quella scena alcune parti, quelle più d’azione, le ha dirette Emiliano Novelli sulla base della nostra shot list e dello storyboard: lui è uno stunt coordinator. Pensa che abbiamo cercato reference per la corsa con gli slittini e non le abbiamo trovate, cioè non abbiamo trovato altre scene di corse con slittini per farci un’idea. L’abbiamo girata seguendoli con un drone e poi con uno slittone da dietro, ma c’è anche il nostro operatore di steadycam, Riccardo Filippini, che è uno molto bravo e viene dal mondo delle riprese di sport estremi, che è proprio scemo… con gli sci accanto a loro avvicinandosi e allontanandosi, e quelle inquadrature lì danno un sacco di forza”.

È stata una produzione complicata?

“No anzi. Molto felice. Perché siamo stati davvero chiari su come impostare il progetto produttivamente e quando siamo andati fuori con il budget (di poco) ci hanno sostenuto perché hanno capito che comunque un certo tipo di cinema, in cui non abbiamo un know how così solido, bisogna farlo per capire il tempo che davvero serve. Sai, in ogni film il budget ha una voce “imprevisti” che tiene il film se qualcuno ha la febbre o piove e non hai un cover set. Quando il film è imponente, perché c’è dell’azione di mezzo, l’imprevisto diventa immenso. Bisogna capirla questa cosa qua, altrimenti questi film non si possono fare. Amazon ci ha ascoltato, ha capito e si è fidata”.

I budget italiani negli ultimi due anni si sono gonfiati tutti…

“E ora questa famosa bolla è bella che è scoppiata!”

…ecco qui volevo arrivare.

“Nel momento in cui raggiungi la piena occupazione e non trovi le troupe, non trovi registi, non trovi sceneggiatori, tutto ti costa di più. Ma anche Roma proprio costa un’infinità di soldi. Se adesso dovessi fare Freaks Out lo andrei a fare in Bulgaria. Altrimenti costerebbe 30 milioni di euro. Io poi penso si facciano troppi film. Tanti piccoli film potrebbero anche non essere fatti e magari con quei soldi si potrebbe fare un grande film fatto bene. Magari una selezione più brutale sarebbe opportuna. Ora per un filmetto ti partono anche quattro-cinque milioni!”.

E non sarà più così?

“Credo che nell’arco di un anno o un anno e mezzo (si spera) i costi si abbasseranno del 30%. Il che significa che rimaniamo su budget alti. Dobbiamo sforzarci di tornare a budget medi. Anche perché così le grandi società chiudono pacchetti per 10 film, comprandosi tutti e non rimane niente alle piccole produzioni indipendenti. È stata la caccia feroce al contenuto che ha motivato l’aumento dei costi e questa ora si sta moderando”.

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