Si sono presentati al Lido già esteticamente agli antipodi: Jason Clarke con un capello biondo acceso per il ruolo di Reinhard Heydrich in HHHH di Cédric Jimenez mentre Jake Gyllenhaal aveva i capelli lunghi neri e la barbona incolta. I due sono tra i protagonisti del corale Everest di Baltasar Kormákur nei panni rispettivamente di Rob Hall e Scott Fisher, scalatori professionisti in leggera competizione tra loro decisi a unire le forze in occasione di una sfortunata spedizione verso l’Everest datata 1996, raccontata dal film di Kormákur. Ecco il nostro incontro con i due attori coprotagonisti della pellicola di apertura della 72esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Il film uscirà nelle nostre sale il 24 settembre.

 

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Mr. Gyllenhaal come mai recentemente sta interpretando dei ruoli così fisici? Pensiamo oltre a Everest anche a Lo Sciacallo e Southpaw…
E’ vero. Recentemente ho avuto la fortuna di interpretare personaggi, veri o finti che fossero, in grado di mettermi a dura prova dal punto di vista fisico. E’ il mio lavoro. Io penso sempre più alla storia rispetto al fascino tecnico di esercitare il mio corpo e spingerlo fino ai limiti.

Che ne pensate del desiderio di morte che sembra animare i vostri personaggi?
Jason Clarke: Erano delle persone molto allenate perfettamente in grado di esplorare e scalare uno degli ambienti più belli del Pianeta Terra. Rob e Scott erano inarrestabili. Non penso che fossero animati da un desiderio di morte perché avevano compiuto quella scalata molte altre volte precedentemente nella loro vita.

Jake Gyllenhaal: Rob e Scott erano sicuramente affascinati dalla difficoltà. Chi di noi può dire onestamente di non essere mai stato spinto a sfidarsi e a spingersi fino al limite anche solo in una singola occasione della nostra vita? Penso che sia un atteggiamento molto più diffuso di quello che si può pensare. La scalata del 1996 non era certo una delle più difficili nella carriera di Rob e Scott. L’avevano fatta tante volte prima e questo li ha probabilmente segnati. Anche la storia d’amore tra Jan e Rob (marito e moglie nel film, N.d.R.) parla di questo… non puoi fermare la persona che ami. Jan sapeva benissimo che non avrebbe mai potuto a Rob di fare quello che amava fare.

Cosa avete amato di più di questa esperienza cinematografca?
Jake Gyllenhaal: La preparazione. E’ quello che amo di più del mio mestiere: la preparazione. Mesi e mesi prima di iniziare le riprese. Ho cercato di capire la montagna. E’ stata un’esperienza pazzesca. La nostra opportunità è stata molto importante e gratificante. Non capita tutti i giorni.

Jason Clarke: Mi ricordo di aver provato una grande emozione ed eccitazione quando siamo partiti da Londra nel bel mezzo di una tempesta per raggiungere le Alpi in aereo.

Il momento di maggiore paura nella vostra vita?
Jason Clarke: Il momento più pauroso della mia vita è stato… durante le riprese di Everest! Mi trovavo ad una quota molto alta quando all’improvviso ho avuto la sensazione di perdere l’equilibrio ed ho passato letteralmente 2 o 3 secondi di letterale panico. Ho pensato: “Mio Dio… ma cosa sto facendo??????”.

Mr. Clarke ha per caso sentito la registrazione originale in cui Rob saluta per l’ultima volta la moglie Jan via radio prima di morire?
Jason Clarke: No, non l’ho sentita. Io penso che quella specifica conversazione… non esista in realtà. La conversazione che io ho sentito sono i 15 minuti in cui Rob comunicò i primi problemi della scalata al campo base.

Come vi siete preparati per interpretare due personaggi così diversi?
Jake Gyllenhaal: Prima di tutto basta vedere anche solo i nostri capelli oggi per capire quanto i nostri personaggi siano diversi (ride, N.d.R.). A parte gli scherzi, io ho cercato di stare al di fuori del gruppo capitanato da Jason. Ho cercato di stabilire sul set una piccola divisione rispetto a loro. La massima responsabilità del mio personaggio Scott Fisher è stata soprattutto quella di non riuscire a capire la sua paura e le sue pessime condizioni fisiche. Scott per me era un tipo molto spirituale. Dicevano che era un incosciente ma io non sono d’accordo. Rob era uno scalatore più meticoloso ed attento? Può essere. Jason è stato bravissimo a comunicare perfettamente tutte le informazioni che il suo personaggio doveva comunicare ogni giorno sul set mentre io ho deciso ben presto di rispondere alla sua prontezza… in un modo molto rilassato ai limiti del menefreghismo. Cercavo di fare il “cool” che sottovaluta la precisione informativa dello scalatore rivale. Jason per me è il protagonista del film. Il suo ruolo è centrale ed è quello dell’uomo di azione mentre il mio Scott si trova più in una condizione di reazione alle azioni di Rob. Il mio Scott Fisher doveva più che altro trasmettere la gioia di stare lì. Il livello tecnico tra lui e Rob era simile ma forse Scott era addirittura più entusiasta di trovarsi in quel paradiso terrestre.

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