La recensione di Bandit, disponibile su Prime Video dal 7 agosto

Il fatto che un film sia tratto da una vera storia criminale, con tanto di record di rapine, non lo rende per forza avvincente. E infatti è tutt’altro che appassionante Bandit, un action superficiale e sgonfio per la regia di Allan Ungar che riadatta la storia vera di un rapinatore che negli anni Ottanta ha svaligiato circa una trentina di banche tra USA e Canada.

Rispetto al genere criminale, il film tenta l’approccio ammiccante e ironico con lo spettatore che ha settato per primo Martin Scorsese (da Quei bravi ragazzi in poi) e che ha poi ripreso Adam McKay (La grande scommessa): il personaggio che si rivolge allo spettatore, gli inserti testuali a commentare dei freeze frame, l’ironia di personaggi criminali privi di scrupoli ma presentati come familiari. E, ovviamente, la storia vera di grandi frodi o grandi crimini. Bandit, e c’è da riconoscerglielo, prova tutti questi mezzi per distinguersi nel mucchio dei film med...