C’è la polizia ma non è un poliziesco, c’è un defunto ma non è un drammatico, ci sono immigrati ma non è un film d’autore. Esiste un ampio spettro di possibilità che si aprono alla trama di Il Traduttore senza che nessuna venga seguita. Andrei è un collaboratore della polizia in un caso di droga, ma anche la persona che viene incaricata da Claudia Gerini di tradurre il diario del marito morto, tutti modi di raccimolare un po’ di soldi in più rispetto a quelli che fa come pizzaiolo e riuscire a consentire alla sua ragazza di raggiungerlo in Italia, non come clandestina ma con un regolare permesso di soggiorno.
Che i personaggi soffrono lo scopriamo perché urlano, che siano innamorati perché si mordono il labbro quando nessuno risponde alle loro telefonate, e che siano disperati perché distruggono una stanza a notte fonda. Ci sono solo emozioni fortissime nel film di Massimo Natale e sono tutte accuratamente raccontate a parole o con azioni clamorose. Il gesto non è mai sottile, l’espres...
Tarato su standard recitativi insufficienti a reggere il peso di un film che dipende proprio da questo, Il Traduttore non si emancipa dalle sue ambizioni
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