La recensione di Peter von Kant, al cinema dal 18 maggio

François Ozon è un autore talmente tanto prolifico – quasi un film all’anno – che è praticamente matematico che ogni tanto sbagli un film. E, infatti, prima della meravigliosa commedia femminista “à la Lubitsch” Mon Crime (uscita in Italia prima di questo film) con Peter von Kant Ozon sembra avere sbagliato i calcoli, girato di fretta e con poca cura, riducendo l’impegnativo adattamento della pièce di Fassbinder (Le lacrime amare di Petra von Kant) ad un confuso mélo da camera privo di idee, svogliato, ripetitivo.

Rispetto a Fassbinder vengono invertiti i ruoli di genere e al posto di una ricca stilista di mezza età delusa da storie d’amore c’è un regista, Peter von Kant (Denis Ménochet) che come la Petra di Fassbinder osserviamo autodistruggersi per gli stessi motivi nella sua lussuosa casa di Colonia negli anni Settanta. Peter infatti, dopo avere conosciuto tramite l’amica attrice Sidonie (Isabelle Adjani)...