fNelle scuole di sceneggiatura si parla spesso di setting (o anche di ‘semina’) per indicare il tempo che viene utilizzato per costruire le basi del racconto e poter poi procedere con la storia. Normalmente, il setting si esaurisce in 15-20 minuti, magari anche meno in caso di sequel (quando il pubblico conosce già i protagonisti). Ma cosa succede se tutto il film è un lunghissimo ed estenuante setting? Perché questa è proprio l’impressione che ho avuto con Pirati dei Caraibi 2, che sembra un’introduzione al terzo capitolo della serie, in uscita tra un anno.
Curiosamente, la pellicola parte in quarta, dando addirittura l’impressione allo spettatore di essersi perso qualcosa. I primi minuti funzionano bene e l’entrata in scena di Jack è fantastica. Ma, da lì, il film gira a vuoto e, ogni volta che sembra sul punto di premere sull’acceleratore, tutti si bloccano per fare una sosta.
Penso ovviamente ai 20 m...
Will ed Elizabeth, poco prima di sposarsi, vengono condannati a morte per l’aiuto dato a Jack Sparrow. L’unico modo per salvarsi è trovare il loro amico pirata e farsi consegnare un oggetto molto importante. Sequel troppo lungo e decisamente banale: la magia del primo sembra essere scomparsa…
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