La recensione di Sweet Dreams, il film presentato in concorso al festival di Locarno

Nell’Indonesia del 1900, colonia olandese in remissione, alcuni tra gli ultimi coloni vivono un mondo che non esiste già più, tra piantagione in crisi e decadenza. Quando il patriarca muore, l’unico figlio con moglie e bambino in arrivo, giunge in loco per raccogliere l’eredità. L’obiettivo è vendere tutto, chiudere con quel mondo, dismettere la piantagione piena di debiti e iniziare una nuova vita con i proventi della vendita. Si mette di mezzo il destino però, perché il patriarca ha una concubina e un figlio illegittimo al quale ha lasciato tutto. Inizia la guerra per il denaro.

Ena Sendijarevic ha scritto e filmato una storia di contrapposizioni. Ci sono gli olandesi, in abiti bianchi che vivono gli interni fingendo di essere in Europa. E ci sono i locali, a torso nudo, immersi negli esterni, nella natura indonesiana filmata per essere asfissiante, fitta e umida come già vista in Pacifiction