Ricordate la scena in E.T. in cui Elliott presenta all’amico extraterrestre le sue action figure di Star Wars: Hammerhead, Walrus Man e Snaggletooth, direttamente dalla Cantina di Mos Eisley (si aggiungeranno poi Boba Fett e Lando Calrissian, che però avevano già un “nome proprio”). Fino a un momento ben preciso della storia della Saga, le informazioni sull’universo starwarsiano erano poche e rare, e non si spingevano al di là di quello che vedevamo nel corso dei tre film classici. Al di là delle storiche action figures della Kenner, utili per dare un nome, per quanto provvisorio, a figure di contorno, alieni e varie categorie di soldati, si poteva attingere alle tre novelization dei film, che nascondevano qualche chicca (è lì che si parla per la prima volta dei “Super Commandos Mandaloriani”), ma anche di qualche strafalcione che avrebbe retto male al passaggio degli anni (come Owen Lars presentato come fratello di Obi-Wan Kenobi!).

Faceva del suo meglio anche la serie a fumetti primigenia della Marvel, i cui autori erano però costretti a ‘navigare a vista’ e con il rischio di vedersi invalidato o smentito tutto ciò che Lucas e la Lucasfilm avrebbero deciso di gestire diversamente in un secondo momento. Può quindi sembrare strano all’appassionato di oggi che ha di che perdersi in una marea di storie, di informazioni, di ambientazioni e perfino di epoche, ma per i suoi primi dieci anni di vita, l’universo di Star Wars non esisteva, o meglio esisteva limitandosi alle poche e frammentarie informazioni che trapelavano dai film e nient’altro. La data dei dieci anni non è casuale, perché il primo vero punto di svolta in questo senso avvenne nel 1987.

1987: Entra in scena la West End Games

Siamo nel decennale dall’uscita della pellicola originale. Dimenticatevi cose come le odierne Star Wars Celebration fatte di attori, esclusive, grandi convention e dirette web. I festeggiamenti per il decimo compleanno di Star Wars prevedevano le pubblicazioni di una manciata di edizioni commemorative delle solite novelization e fumetti con un piccolo marchio apposito (“Star Wars 1977 – 1987 – The First Ten Years”) e nulla più. Tecnicamente l’interesse per la saga era a un minimo storico: Lucas, sfinito dalla realizzazione della trilogia originale, mirava a sondare e sperimentare altre esperienze creative e gli ipotetici prequel erano un lontano miraggio che non si sarebbe concretizzato almeno per altri dieci anni. In questo desolante panorama, tuttavia si fece strada un prodotto inedito anomalo, ma destinato a lasciare il segno in tutto il futuro di Star Wars: il gioco di ruolo.

Gli anni 80 avevano visto un primo boom del celebre Dungeons & Dragons, e sulla scia di quel successo (di nicchia rispetto ai parametri odierni, ma pur sempre un successo), il mercato dei giochi di ruolo cercava ambientazioni e scenari alternativi con cui bissare il successo del capostipite fantasy di Gary Gygax e Star Wars fu uno dei candidati ideali. Complice il momentaneo disinteresse nei confronti di Star Wars (più da parte dei suoi creatori che da parte del pubblico, in verità), la neonata West End Games, una branca di una ditta che trafficava nei settori più svariati, dai giocattoli alle calzature, ottenne la licenza per produrre un gioco di ruolo ispirato alla saga di Lucas. Probabilmente nemmeno i responsabili della linea sapevano bene in cosa si stavano cacciando, ma era l’inizio di un’avventura che li avrebbe portati a scrivere la storia di quella galassia lontana lontana in modo molto più incisivo e duraturo di quanto chiunque potesse immaginare.

star wars rpg

La nascita di un universo… espanso

Non ci addentreremo in questa sede nella spiegazione dettagliata di cosa sia un gioco di ruolo e come funzioni. Ai fini di questo amarcord ci basterà dire che il tutto si basa sulla creazione di storie e situazioni originali da far vivere ai giocatori creando insieme avventure e combattimenti che saranno poi risolti a suon di dadi e di momenti di interpretazione. Fatto sta che queste esigenze obbligavano gli autori della linea a fornire un background più vasto e dettagliato possibile in cui i Game Master e i giocatori potessero muoversi… background che era drasticamente carente nell’ambientazione di Star Wars. Servivano razze aliene da poter interpretare oltre gli umani, pianeti da esplorare, navi e veicoli da pilotare, armi da brandire e nemici da affrontare. Fu così che, partendo da quello che compariva sul grande schermo, gli autori dello Star Wars Role-Playing Game si ritrovarono a dover dare un nome, una storia, un carattere e delle motivazioni a tutto quello che sulla pellicola era solo un’immagine fugace.

Del maggiordomo di Jabba the Hutt sapevamo solo il nome o poco più, Bib Fortuna. Sfogliando le pagine del GdR avremmo scoperto che si trattava di un membro della razza Twi’lek, originaria del pianeta Ryloth, e avremmo anche saputo che genere di pianeta era Ryloth e qual era la filosofia di vita degli alieni in questione. Il ragno meccanico che sguscia fugacemente alle spalle dei droidi una volta entrati nel palazzo di Jabba? Un monaco B’omarr, asceti che si liberano del corpo e mettono i loro cervelli in animazione sospesa all’interno delle sinistre strutture in questione. E così via, pressoché all’infinito. Sulle pagine del gioco di ruolo West End Games prendono vita concetti divenuti poi celebri come l’Imperial Security Bureau che abbiamo imparato a temere trent’anni dopo nel corso di Andor, gli Star Destroyer Interdictor che hanno complicato la vita agli eroi di Rebels, abbiamo conosciuto storia, segreti e idiosincrasie di ognuno dei cacciatori di taglie ingaggiato da Darth Vader e così via. Uno sforzo creativo immane che ha potuto contare su due fattori fondamentali: il sostegno e la collaborazione con la Lucasfilm stessa, e il fatto che l’universo di Star Wars in toto fosse poco meno di una tabula rasa, una pagina bianca da riempire.

La “bibbia” di Star Wars

Sarebbe bastato e avanzato questo per fare della linea di prodotti un successo (a riprova che il disinteresse nei confronti della Saga all’epoca era più qualcosa che affliggeva i suoi creatori che non il grande pubblico). Ma bastano un paio di anni di pubblicazioni perché le cose prendano… una bella piega. Il successo inaspettato del GdR fa da apripista alla possibilità di sondare altri canali cartacei e altri media per mantenere in vita la Saga, e così, a cavallo tra gli anni 80 e 90, nascono tre filoni che avrebbero fatto la fortuna di Star Wars in attesa del lontano ritorno al cinema. Dark Empire, una miniserie a fumetti di Tom Veitch e Cam Kennedy, inaugura una lunga serie di pubblicazioni sotto le insegne della casa editrice dell’Oregon, la Dark Horse, e in parallelo arriva nelle librerie il primo di un’altrettanto lunga serie di romanzi, L’Erede dell’Impero di Timothy Zahn, dove esordirà un certo Grand’Ammiraglio alieno dalla pelle blu destinato a una folgorante carriera. A completare la trilogia dei nuovi canali di intrattenimanto arriva la neonata Lucasarts, che propone il simulatore di volo X-Wing, a cui seguirà una lunga serie di videogames a tema stellare.

Quello che alcuni non sanno è che tutti i creativi di questi tre filoni, al momento di mettersi al lavoro su fumetti, romanzi e videogames, ricevevano dalla Lucasfilm un “kit di lavoro” e di consultazione a cui aderire e a cui fare riferimento… e quel kit di lavoro non era altro che il blocco di pubblicazioni del gioco di ruolo della West End Games. Così come al momento di lanciare una serie televisiva viene fornita agli sceneggiatori la cosiddetta “bibbia”, un corpus di informazioni che spiega in dettaglio scenari, ambientazioni, storie e punti di riferimento da tenere presente nella serie, la Lucasfilm, in una mossa tanto inaspettata quanto lungimirante, aveva deciso di fare del corpo di informazioni della West End Games la “bibbia” ufficiale dell’universo di Star Wars. Una scelta oculata che forniva ad autori e creativi una base solida e condivisa su cui lavorare a livello di ambientazione e garantiva una buona coerenza interna tra un prodotto e l’altro. Era l’inizio di un’epoca più semplice e forse più ingenua, ma di grande energia creativa. A tenere le fila del tutto un grande nome dell’editoria ludica, Bill Slavicsek, passato alla storia nel settore proprio per il suo contributo sulla linea di Star Wars.

star wars celebration

Anni d’oro e declino

Non è esagerato dire che il cosiddetto “Universo Espanso” così nato mantenne in vita la Saga nei lunghi sedici anni di traversata nel deserto che separarono il 1983 (Il Ritorno dello Jedi) dal 1999 (La Minaccia Fantasma). Pubblicazioni, videogames e giochi prosperavano e per un certo periodo venne a crearsi una simbiosi pressoché perfetta tra i ‘cronachisti’ e raccoglitori di dati della West End Games e i narratori creativi di libri, fumetti e videogames. Un nuovo prodotto narrativo (come i succitati Dark Empire o Heir to the Empire davano lo spunto per creare nuovi moduli del gioco di ruolo che esploravano in dettaglio i mondi, le creature e gli eventi creati dall’autore di turno, che a loro volta andavano ad arricchire il corpus di consultazione a disposizione degli autori venturi.

Il meccanismo iniziò a gripparsi a metà degli anni 90, quando ormai i fratelli “minori” del filone romanzesco e fumettistico sfornavano prodotti a un ritmo forsennato, e i ‘lorekeepers’ della West End Games non potevano sperare di tenere il passo con relativi prodotti di accompagnamento che fungessero da raccolta dati e fissazione di relativo materiale ufficiale. A questo si aggiunge anche l’annoso problema dei ‘troppi cuochi in cucina’ che già stava creando attriti e discrepanze tra i tanti autori coinvolti nei progetti narrativi dei vari filoni multimediali: alcuni autori iniziavano a fare di testa propria o a ignorare il materiale ufficiale per seguire strade proprie, o imponevano riscritture o reinterpretazioni a materiale già fissato ufficialmente in precedenza. Quella che in passato era una ‘sandbox’ dove gli autori West End avevano potuto creare un universo fittizio quasi da zero, ora era un luogo molto affollato dove erano in molti a contendersi spazi, temi e riflettori. L’ultimo fulgido esempio di coralità editoriale gestita al meglio è identificabile nel progetto di Shadows of the Empire, il cosiddetto ‘episodio perduto’ del 1996, che vuole raccontare quanto accaduto tra Episodio V ed Episodio VI.

Complice una maggiore presenza della Lucasfilm, la coordinazione tra i vari reparti narrativi è pressoché perfetta e la West End Games può fare il suo diligente lavoro di cronachista un’ultima volta, catalogando dati, nomi, pianeti e organizzazioni che ruotano intorno alla lotta di quegli anni tra Impero, Ribellione e il terzo incomodo, il Sole Nero. Di lì a poco, problemi finanziari che affliggevano le branche sorelle della WEG porteranno alla chiusura delle attività e in occasione dei prequel, il compito di curare le pubblicazioni di un gioco di ruolo passerà a un colosso, la Wizard of the Coast. Verrà però a cadere il ruolo di ‘depositari della conoscenza’ che aveva svolto la linea di prodotti sotto le insegne West End, e il nuovo gioco di ruolo si limiterà a essere un semplice prodotto ludico di settore.

Il Retaggio della West End

Tutto il vecchio canone di Star Wars, come sappiamo, ha subito un forte scossone con l’acquisizione della Lucasfilm da parte di Disney, occasione in cui è partito un ‘reset’ che ha fatto tabula rasa delle pubblicazioni cartacee del vecchio universo espanso. Paradossalmente, anche nel nuovo canone, la stragrande maggioranza di quanto fissato dai vecchi autori West End permane anche nel nuovo canone. Se a livello di narrativa e di eventi i nuovi team creativi hanno voluto fare tabula rasa di quanto raccontato fino ad allora, a livello di riferimento, tutto ciò che era stato fissato nel 1987 continua a essere valido: Ithoriani, Sullustani e Rodiani, Blaster E-Web, Ronda della Morte Mandaloriana, Star Destroyer Classe Victory, ISB e CompNor e tutto quello che arricchiva le pagine dell’ambientazione originale continuano a essere capisaldi di riferimento anche nel nuovo canone. E almeno in questo, è possibile che Bill Slavicsek e il suo team trovino un po’ di giustizia e il dovuto riconoscimento.
E tra i tanti fan di vecchia data su cui possono contare c’è anche un nome eccellentissimo e insospettabile: quel Kevin Feige che si ritrova ad essere il plenipotenziario dell’Universo Cinematografico Marvel, e che considera il lavoro della West End un modello e un’ispirazione per il suo lavoro sugli eroi Marvel:

Lessi i sourcebook di Star Wars della West End Games da cima e fondo, erano ricchissimi di informazioni inedite. E una delle belle cose di Star Wars e che credo che sia fantastico anche nei personaggi dei fumetti Marvel, e che vogliamo emulare nei film è che se sei una persona che vuole andare a vedere il film nel weekend d’apertura, il nostro compito è di assicurarci che tu ti diverta. Se vuoi vederlo una seconda volta, il nostro compito è che tu trovi dell’altro che ti piaccia. E in una terza, quarta, quinta volta, troverai ancora più cose. Più a fondo scaverai, più troverai qualcosa di gratificante. È qualcosa che ho imparato direttamente da Star Wars e da quei Sourcebook della West End.

Un onore delle armi notevole!

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