Come direbbe Arthur Fleck, la filmografia di Todd Phillips è una commedia che si è convinta tardi di essere una tragedia. Dopo Joker, che ha legittimato il regista anche agli occhi del pubblico dei film festival e delle rassegne d’essai (in realtà non serviva alcun sigillo di qualità dopo lo stupendo Una notte da leoni), non c’è punto di ritorno.

Tra l’autore di una commedia demenziale come Road Trip e quello del (non) cinecomic c’è un abisso. Una trasformazione profondissima, come quella che rende irriconoscibile un uomo della strada che si veste in smoking. Per capire quale vestito gli stia più comodo bisognerà aspettare ancora un po’. Almeno fino a Joker: Folie à Deux.

Se si costruisse un rudimentale grafico con la quantità di commedia e quella di tragedia presenti nei suoi film dal 2000 ad oggi si otterrebbe una retta ascendente e una discendente. Le due si incontrerebbero in Trafficanti

Una notte da leoni 3 senza la notte e i leoni

Il terzo capitolo della trilogia dei leoni era tutto tranne che allineato con il resto del franchise. Todd Phillips aveva voglia di fare quello che gli pareva, e poteva farlo forte del successo economico dei precedenti due capitoli. Ne è uscito così un action demenziale di poco valore, una grande palestra per il regista che sarà.

Trafficanti ha la fortuna di essere ispirato ad una storia vera, perché se fosse una semplice sceneggiatura di finzione verrebbe tacciata di essere assai implausibile. Siamo nel 2005, l’America è in gran fermento per la guerra in Iraq. David Packouz (Miles Teller) si guadagna da vivere facendo massaggi e cerca di lanciare una startup di lenzuola di alta qualità per anziani. Ad un funerale incontra il vecchio amico Efraim Diveroli (Jonah Hill), fondatore di AEY. Una società dai contorni a dir poco ambigui. David si unisce ad Efraim, ma decide di tener segreto alla compagna Izzy il suo vero lavoro. 

Trafficanti

AEY vive grazie a un vulnus nel sistema di bandi degli Stati Uniti. Gli ordini per gli acquisti di armi e strumentazioni militari sono disponibili pubblicamente su un sito web. I grandi ordini sono appaltati alle aziende più solide, mentre i piccoli ordini vengono assegnati senza troppi controlli alle altre società. Un giro di affari proporzionalmente trascurabile, fatto di briciole, che frutta però migliaia di dollari ai due.

Tutto va a gonfie vele fino a che non capita sotto mano ai due l’accordo più grande di sempre. Sono sostenuti dal re del commercio di armi, Henry Girard, che si rivolge ai due per fare da tramite, dato che figura in una lista di controllo per terrorismo ed è per questo impossibilitato a trattare con gli Stati Uniti.

Packouz e Diveroli sono grotteschi e tragicomici. Il primo è il tipico giovane giovane che insegue l’american dream, armato di buona volontà e spirito imprenditoriale. Il secondo è interpretato dal Jonah Hill tre anni dopo la cura “The Wolf of Wall Street”. Affarista senza scrupoli armato di tutto punto, è minacciosissimo. A compensare i due c’è Ana de Armas alle prime prove statunitensi. Pessima nel ruolo, la si può giustificare per il fatto che quando arrivò sul set parlava a malapena l’inglese. Queste figure sono ispirate all’articolo scritto da Guy Lawson per Rolling Stone. Il vero David Packouz si è anche concesso un cameo nel film (è il cantante della casa di riposo).

Trafficanti è tante cose, tutte ben bilanciate

Todd Phillips è il regista degli squilibrati. Gli piace la gente con l’amigdala lenta nel segnalare il pericolo. Maschi a cui manca un freno. Spesso per via dell’ebbrezza sia reale che metaforica (denaro, fama, successo). Geniali, a modo loro, per come infrangono tutte le regole che fanno funzionare le cose. Trovano pieghe nel sistema e le portano a loro favore, ma il più delle volte questo modo di fare è anche la loro condanna. 

Di base nelle sue trame c’è un solo, enorme, errore che ne porta con sé altri fatti nel tentativo di rimediare. Può essere un video inviato per sbaglio, della droga assunta senza saperlo, l’idea di fare affari con i più spudorati mercenari della guerra senza sapere bene come funzioni questo mondo o convincersi di poter apparire in un celebre talk show. 

Trafficanti Todd Phillips

Trafficanti è la solita formula Todd Phillips presa proprio nel momento di trasformazione della sua poetica che, incredibilmente, permette al film di essere equilibratissimo. Si definisce in quello che non è: non è una commedia, eppure diverte. Non è un thriller, eppure lascia col fiato sospeso. Nemmeno si può parlare di film d’azione, anche se si apre con un pugno e una pistola puntata alla faccia. Si guarda Trafficanti per la follia, non per le performance, però non avrebbe avuto lo stesso risultato senza due attori così in parte (Jonah Hill di più). 

Un film ipnotico

Trafficanti è l’intrattenimento per eccellenza. Cioè rappresenta l’incapacità di premere sul tasto pausa quando un film funziona. Leggerissimo, non resta troppo in mente dopo averlo finito, però mentre lo si guarda ipnotizza. Grazie a un ritmo forsennato e ad una sceneggiatura capace di spiegare in poche battute molte cose distanti dal mondo frequentato dal 99% della platea, riesce ad essere estremamente guardabile. 

Fa tutto con una facilità tale che viene da chiedersi perché Hollywood non faccia più spesso film così. Evidentemente, tanto semplice non è. Todd Phillips, che è un ottimo regista, fa sfoggio di talento senza darlo a vedere. Mettendosi sempre in funzione del risultato finale, stando dietro un’opera che non si attribuisce mai il sigillo “d’autore” e che invece se lo meriterebbe.

C’è tanta dedizione nel costruire questo film di intrattenimento prendendo sul serio il risultato a cui mira. Ovvero far provare il brivido di vincere contro il sistema e poi, all’improvviso, uscire di strada. Solo un film estremamente equilibrato poteva perdere il controllo così bene. 

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