Giunti alla vigilia dell’esordio di Ahsoka, che farà la sua comparsa sugli schermi di Disney+ il 22 agosto, abbiamo deciso di fermarci un attimo per guardarci alle spalle e riesaminare tutto quello che è venuto prima di lei.

Star Wars nasce come saga cinematografica, ma le produzioni a episodi che sono affiorate nel corso degli anni, animate o live action che siano, hanno saputo conquistarsi un posto di tutto rispetto nel cuore degli appassionati, al punto che c’è chi crede che sia quello il vero futuro della saga stellare, a discapito di una narrazione sul grande schermo che a volte non ha i tempi e gli spazi per raccontare storie approfondite quanto si deve.

Abbiamo quindi voluto giocare a ordinare le serie animate e live di Star Wars in un’ipotetica classifica, esaminandone pregi e difetti e sottolineando il contributo che hanno dato al grande arazzo della saga. Come sempre accade in questi casi, si tratta di una classifica più che arbitraria, in cui i gusti personali incidono non poco (inoltre, non abbiamo incluso antologie come Star Wars: Visions). Seguiteci e scoprite se le nostre scelte coincidono con le vostre!

star wars resistance

Resistance

La prima reazione che qualcuno potrebbe avere nel leggere il nome di Resistance è: “cos’è?” Che è il problema principale di questa serie animata, nata sulla scia de Il Risveglio della Forza e incentrata sulle avventure di un giovane pilota di speeder da corsa di nome Kaz e il resto dell’equipaggio tecnico che popola la piattaforma Colosso. È una serie mirata principalmente a un pubblico giovanile, e in questo non ci sarebbe niente di male, ma soffre soprattutto dell’irrilevanza delle storie raccontate, specialmente se messa a confronto con i suoi fratelli maggiori, Clone Wars e Rebels, che riuscivano a dare profondità e spessore alle rispettive ere cinematografiche di riferimento. Era lecito sperare che Resistance facesse altrettanto con il periodo dei sequel, che peraltro avrebbe beneficiato moltissimo di un trattamento simile a quello di Clone Wars e Rebels, ma così non è stato, e Resistance si è guadagnato nel migliore dei casi uno status di servizio senza infamia e senza lode.

The Book of Boba Fett

The Book of Boba Fett

All’imminente esordio di The Book of Boba Fett, il regno delle serie televisive era in uno stato di grazia. Reduce dal folgorante e meritato successo di The Mandalorian, la casa di produzione aveva annunciato titoli su titoli venturi, molti dei quali “accennati” o introdotti proprio nel corso degli episodi della serie dedicata a Din Djarin, e tutto lasciava credere nell’inizio di una nuova golden age per la saga stellare sul piccolo schermo. Boba Fett è invece il primo passo falso che ha fatto inarcare varie sopracciglia nel pubblico di Disney+ affamato di nuove serie. Non tutto nella serie è da buttare, la sola ‘visita guidata’ in tutti i luoghi caratteristici di Tatooine, dalla fossa del Sarlacc al palazzo di Jabba agli accampamenti dei Sabbipodi, esplorati e sviscerati in dettaglio, è divertente, e la comparsata di qualche nome grosso dell’universo ancillare come il Wookiee Black Krrsantan e il cacciatore di taglie Cad Bane sono una buona dose di entusiasmo aggiuntivo. Quello che funziona meno in The Book of Boba Fett… è Boba Fett. Il cacciatore di taglie pensoso e spesso passivo che decide di rigare dritto è decisamente qualcosa di diverso da quello che ci si aspettava sul personaggio, e forse la performance di Temuera Morrison non è sempre stata all’altezza del compito. E anche la ‘deviazione’ di due puntate per tornare a parlare di Mando e Grogu ha dato l’impressione che nemmeno gli autori ci credessero troppo.

kenobi cameo episodio 2

Obi-Wan Kenobi

Attesa da molti come il necessario riscatto dopo il mezzo passo falso di Boba, la serie dedicata al più classico dei cavalieri Jedi ha suscitato reazioni contrastanti e ha alternato picchi di lirismo, di eroismo e scene commoventi degne del personaggio di cui porta il nome a momenti, svolte narrative e scelte stilistiche che funzionano male. Sul piatto dei pro, impossibile non apprezzare la performance di Ewan McGregor, che regge letteralmente tutta la serie sulle sue spalle, il ritorno di Hayden Christensen nei panni di Vader e il nuovo faccia a faccia che i due condividono. Ad appesantire il tutto, una trama con qualche momento contorto o incomprensibile, una new entry, l’inquisitrice Reva, che dovrebbe fungere da trait d’union tra i due antagonisti ma che si porta dietro qualche forzatura di troppo, e in generale una sceneggiatura non ponderata a dovere. Obi-Wan Kenobi resta una serie piacevole e ha al suo arco molte frecce valide che spesso vengono ingiustamente ignorate, ma visti i ‘pezzi grossi’ schierati sul campo per l’occasione, era giusto pretendere una perfezione, o almeno un’alta qualità, che invece a tratti è mancata.

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The Clone Wars / The Bad Batch

Per praticità accorpiamo il ‘fratellino minore’ The Bad Batch alla serie madre, di cui è la diretta prosecuzione, e iniziamo col dire che Clone Wars e Rebels si contendono più o meno lo stesso posto alla pari, non sbaglierebbe affatto chi volesse piazzare la serie dedicata alle Guerre dei Cloni sul gradino più alto rispetto a quella delle avventure dello Spettro e del suo equipaggio. Aggiungiamo poi che è difficilissimo dare una valutazione univoca/uniforme a The Clone Wars perché è una serie vastissima (sette stagioni, molte delle quali composte da numerosi episodi) i cui temi, atmosfere, ritmi e argomenti trattati variano drasticamente in episodio e in episodio. Si va da alcuni classici degni di stare nella classifica delle storie più belle mai raccontate su Star Wars, dalla trilogia di Mortis al processo di Ahsoka, dal ritorno in scena di Maul alla sfortunata storia d’amore tra Obi-Wan e Satine, a episodi e sottotrame del tutto dimenticabili e a volte anche un po’ fastidiosi da seguire. È forse questa discontinuità narrativa che ci fa preferire, di poco, il cugino Rebels, ma The Clone Wars, anche a distanza di molti anni, può continuare a vantarsi di avere arricchito e approfondito l’intera era dei prequel, di cui è diventato praticamente la vera anima.

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Star Wars Rebels

La primissima produzione di Star Wars dopo il passaggio del brand sotto le insegne Lucasfilm/Disney dovette faticare non poco per conquistarsi la fiducia di un pubblico che viveva quel passaggio con una certa trepidazione, ed è innegabile che la prima stagione di Rebels, un po’ come Resistance, si muova su binari e su temi dedicati principalmente a un pubblico giovanile. Rebels ha due marce in più rispetto al cugino: in primis i personaggi, dotati di un’anima, credibili e appassionanti, che crescono e si guadagnano l’affetto del pubblico col passare del tempo. Vale per i protagonisti, da Kanan a Hera a Ezra, ma il fatto che perfino le figure minori come Kallus possano vantare un arco narrativo e uno sviluppo credibile e ben congegnato dimostra la cura narrativa dedicata al progetto. La seconda carta vincente è la coesione con i grandi eventi dell’epoca. La transizione dalle avventure di poco conto nella lotta per la resistenza su Lothal alla nascente Ribellione è graduale ma voluta, e la portata della serie cresce col passare del tempo assieme ai protagonisti. Giunti alla fine della cavalcata di Rebels, tutte le pedine della scacchiera galattica hanno avuto un loro ruolo nella storia e l’arco narrativo dei protagonisti si compie con coerenza ed eleganza. Come tutte le serie a episodi, nemmeno Rebels è esente da episodi riempitivi o trovate narrative poco felici, ma stavolta i pregi da mettere sul piatto sono ampiamente più numerosi dei difetti.

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(L-R): Grogu and Din Djarin (Pedro Pascal) with stone crabs in Lucasfilm’s THE MANDALORIAN, season three, exclusively on Disney+. ©2023 Lucasfilm Ltd. & TM. All Rights Reserved.

The Mandalorian

Saremo onesti: potrebbe benissimo esserci The Mandalorian al primo posto di questa classifica, e non ci sarebbe niente di male. Anzi, da molti punti di vista, lo meriterebbe di più: è stato il big bang da cui è partito l’universo delle serie televisive di Star Wars, Din e Grogu hanno portato la saga sugli schermi di milioni di spettatori che mai si erano avvicinati a un episodio della saga e il piccolo Jedi verde è diventato un volto e un nome che è salito ai vertici dei volti e dei nomi più famosi di tutta la saga.
E in verità, se dovessimo limitarci alle prime due stagioni, il podio, The Mandalorian se lo meriterebbe tutto: dal mix tra fantascienza e western tipico dello Star Wars degli albori alla full immersion nel colorito e intrigante mondo di frontiera dell’Orlo Esterno, all’inossidabile formula della ‘missione della settimana’, tutto gira a meraviglia, e non è esagerato dire che abbia riscattato e dato nuova linfa al brand che usciva dall’esperimento della trilogia sequel con qualche osso rotto. Storciamo però un po’ il naso, inutile girarci intorno, di fronte alla scelta di vanificare la giusta (ed epocale) conclusione narrativa della seconda stagione con un bislacco dietrofront che vede il recupero di Grogu, peraltro in una serie ‘esterna’, e una terza stagione discontinua a livello di temi e di ripartizione delle tempistiche, due elementi che hanno dato la netta impressione della presenza di fattori esterni a influire sugli sviluppi narrativi naturali, cosa che lascia sempre un po’ l’amaro in bocca. Ma senza dimenticare che Mando ci ha regalato alcuni dei momenti migliori di tutta la produzione Starwarsiana degli ultimi anni, e che tutto quello che viene dopo, lo dobbiamo al successo di Din e Grogu

Andor Episodio 5 easter egg indiana jones

Andor

“Ironic, isn’t it?” Ai vertici della nostra classifica di serie stellari c’è quella che per certi aspetti è la meno starwarsiana di tutte le serie. E non c’è dubbio che certi tratti caratteristici di questa serie siano anomali rispetto agli stilemi narrativi a cui Star Wars ci ha abituato: scene iperrealistiche, tempi lenti, atmosfere cupe, nessuna concezione all’umorismo o all’azione in stile swashbuckling. Chi lamenta l’assenza o la presenza di queste cose e non si sente attratto da Andor non ha tutti i torti.

Nonostante questo, Andor riesce in un’impresa straordinaria: si “spoglia” di quelli che sono gli elementi estetici più accattivanti della saga, ma così facendo ne mette meglio in risalto quelli più profondi e toccanti. La lotta tra la Ribellione nascente e l’Impero non è mai stata raccontata in modo così vissuto, così personale, così truce, così sanguigno. E vale per entrambe le fazioni, dato che Andor ci racconta finalmente anche le storie di alcuni protagonisti dall’altra parte della barricata, fallati e compromessi quanto si voglia, ma umani quanto le loro controparti. Le crude necessità della guerra che masticano e divorano le vite personali di chi ne resta coinvolto, e la lotta per conservare (o per bruciare) la propria umanità sono un tema potente e violento che segna tutta la serie e momenti come il monologo di Luthen Rael sul sacrificio, l’evasione dalla prigione di Narkina V e il discorso postumo di Maarva al suo funerale sono picchi non solo di ottimo Star Wars, ma di ottima narrazione seriale a livello generale. Il merito più grande di Andor è probabilmente la sua coerenza: sceglie un tema, uno stile e un percorso narrativo da raccontare e lo fa con costanza, unità e passione, senza concedersi deviazioni di alcun tipo. I temi in questione poi possono (e dovrebbero) variare, ma la professionalità, la qualità e la bravura di Andor vorremmo trovarla in ogni serie di Star Wars.

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