Stephen Frears parla poco, alle domande più cinefile sembra infastidito, spesso si limita ad un “sì” o un “no”. Se il pubblico applaude quando viene citato un suo film si stupisce e poi aggiunge: “Posso portarvi a casa?”. Ma nell’incontro che il regista inglese ha tenuto alla Festa del Cinema di Roma gli aneddoti e i retroscena non sono comunque mancati. Ecco i più interessanti.

L’esordio con My Beautiful Laundrette

Alla Festa di Roma è stato presentato l’ultimo film del regista, The Lost King (LEGGI LA RECENSIONE), ma l’incontro, tenutosi all’interno della rassegna “Absolute Beginners” (in cui è intervenuto anche Luc Besson), si è incentrato soprattutto sul suo esordio su grande schermo, My Beautiful Laundrette-Lavanderia a gettoni. Un piccolo film, prodotto dalla rete televisiva Channel 4 che poi, dopo l’ottimo riscontro al Festival di Edimburgo, è arrivato nelle sale di tutto il mondo, ottenendo un successo inaspettato. Come nasce il progetto?

Ho ricevuto una telefonata, in cui mi si diceva che Hanif Kureishi aveva scritto una sceneggiatura che voleva sottopormi. Così me la sono ritrovata nella cassetta delle lettere, l’ho letta e l’ho trovata fantastica. Allora ho pensato “Dobbiamo girarlo ora!” e poi per miracolo lo abbiamo fatto. Il film è costato molto poco, solo 500.000 sterline, abbiamo utilizzato un negozio di verdura trasformato in lavanderia.

Non ci aspettavamo il successo che poi abbiamo ottenuto. Lo abbiamo girato con una completa innocenza, non era stato progettato per avere successo. Ma poi se guardi indietro vedi che c’era il compositore oggi migliore al mondo [Hans Zimmer] e una casa di produzione ora molto importante [la Working Title].

Nei panni di Johnny, come co-protagonista di My Beautiful Laundrette troviamo un giovane Daniel Day Lewis, in uno dei suoi primi ruoli sul grande schermo. “Avevamo quattro attori in lizza per la parte, tra cui anche Gary Oldman“, racconta il regista. “Ma poi le ragazze hanno detto ‘Vogliamo Daniel’, e questo ha messo fine a tutte le discussioni. Capite quanto sono serio?“.

Il film, mettendo al centro una storia d’amore tra due uomini, è anche un’accusa forte al governo di Margaret Thatcher. “Perché vuoi parlare di cose tristi come la Thatcher?“, scherza Frears, per poi sottolineare: ” I film sui gay o le donne sono un’attacco al governo, il simbolo dell’opposizione a questa terribile politica“. La pellicola è infatti uno degli emblemi della British Rennaisance, la fioritura del cinema inglese negli anni ’80 dovuta proprio al fatto che tutti i registi (come Ken Loach) ce l’avevano col governo. “Dobbiamo ringraziare la Thatcher: ha lei stessa inventato il sistema che ha prodotto i nostri film. Per questo, senza saperlo, siamo tutti diventati piccoli imprenditori“.

Il rapporto con Hollywood di Stephen Frears

Nel 1988, con Le relazioni pericolose, il regista sbarca a Hollywood, dove ha realizzato diversi film, tra cui anche Eroe per caso, per poi tornare in Inghilterra. Il suo ricordo dell’esperienza oltreoceano non è infatti dei migliori:

Hollywood è un posto molto complicato, gli studios in America sono molto differenti, e lì ho fallito: è come fare fare film al circo, è un’esperienza molto pubblica. Ho sbattuto contro muro, non mi sono trovato bene. Così sono tornato a casa per non essere soffocato. Mi dicono che sono l’unico sopravvissuto al naufragio.

Il ricordo della regina

Impossibile poi non concludere la chiacchierata con una domanda sulla regina Elisabetta, recentemente scomparsa, che il regista ha ritratto in The Queen. Ecco il suo ricordo:

Era l’unico membro della famiglia reale di qualche interesse, tutti gli altri sono ridicoli. Un’istituzione è chiaramente ridicola. Girando il film, si è rivelata essere una donna straordinaria: non ha fatto nulla in realtà, ma ha permesso alle persone di proiettare su di lei tutto ciò che gli diceva la loro immaginazione. Le persone muoiono ogni giorno, non c’è nulla di eccezionale nella sua morte, ma lei è stata comunque una persona importante.

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