INSTALLAZIONI

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Come dice la parola sono installazioni artistiche che hanno un carattere narrativo ma si compongono di elementi nel mondo reale con cui interagire, controlli, stanze e non esistono solo nel mondo virtuale.

La camera insabbiata di Laurie Anderson e Huang Hsin-Chieng

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Si chiama così, in italiano, l’installazione a cui ha contribuito Laurie Anderson. Il set è quello di HTC Vive e si sta in piedi dentro una tenda, con il visore indosso e i due controller in mano.
Si entra in una tenda ma non c’è un vero e proprio motivo. Il mondo in cui è ambientato è un non-luogo nero, come fosse lo spazio, in cui al posto delle stelle ci sono lettere dell’alfabeto ed esistono dei giganteschi cubi. Muovendo i controller si vola, si passa accanto ai cuboni giganti o si entra dentro. Le attività da fare sono tante (un totale di 20 min), si va sott’acqua, si entra in una zona con delle parole, una con un alberone… sono tutte esperienze da fruire volandoci dentro e ascoltando la voce di Laurie Anderson che parla.
Contenutisticamente poverissimo è però un piacere videoludico perfetto. La tecnologia funziona e si vola liberi (il free roaming è la cosa migliore), si passa in spazi angusti e si ha la sensazione di poter fare tutto.
Liberatorio e immersivo.

Alice, The Virtual Reality Play di Mathias Chelebourg e Marie Jourdren

img_20170829_185913Attenzione! Questo è un caso a sé. Si tratta del progetto più completo, audace e clamoroso visto, un’eccellenza a tutti gli effetti.
Si parte da fuori una stanza chiusa, senza visore e senza sapere niente. Arrivato il nostro turno l’esperienza comincia quando si apre la porta e una persona, con gran fretta ci fa entrare. Dentro la grande stanza è resa piccola da una tenda che ci costringe a stare in un corridoietto stretto. Siamo in gran ritardo, ci viene detto, tocca sbrigarsi, lasciamo l’orologio, il telefono e tutto (ancora non abbiamo indossato il visore). La persona ci spiega che potremo toccare tutto quello che vediamo, parlare con tutti i personaggi e anche mangiare quel che ci viene offerto di mangiare. Passiamo attraverso la tenda e siamo in un altro ambiente, un poco più grande, uno oltre il quale c’è un’altra tenda ma subito prima il visore da indossare. Lo indossiamo, mettiamo le cuffie nelle quali sentiamo sempre la persona che frettolosissima ci ha fatto indossare il tutto mentre blatera su quello che va fatto e non va fatto, ma la sua voce è sempre più distante e remota mentre un’altra ci chiama per nome. Con il visore vediamo uno scranno con una scatola di legno in cima, avvicinandosi e provando a toccarla questa scatola c’è. Cioè è evidente che c’è un equivalente nel mondo vero nella posizione giusta per sentirla, realtà virtuale e reale coincidono. Ma è anche evidente che qualcuno ha aperto la tenda e abbiamo avuto accesso ad un’altra area più ampia. Nella scatola ci sono delle carte che si mettono da sole a forma di castello, muovendo le mani le facciamo cadere (non ci sono nel mondo vero queste) e il castello si riforma.

img_20170829_185913Mentre avviene questo arriva un coniglio che ci riconosce come Alice, è in grafica poverissima ma è evidente il perché, il coniglio fa domande e noi possiamo rispondere, non è una creazione, è un attore catturato in tempo reale in motion capture. Interagisce, fa domande, insegna una filastrocca e poi, visto che c’è poco tempo, scappa. Compare un buco nel muro, con erba tutto intorno e poi terriccio dentro, è piccolo non ci si passa ma consente di vedere dentro un altro ambiente. Avvicinandosi per guardare si sente l’erba intorno al buco e ci si può appoggiare per guardare dentro le peripezie del coniglio in un ambiente escheriano.
Poi toccherà ad Humpty Dumpty, che cadendo si rompe come un uovo alla piastra e ne possiamo sentire la consistenza gelatinosa, ma sentiamo la presenza anche di altri scranni, piatti e poi lavagnette che volano da prendere al volo (probabile che qualche attore la muovesse lasciandola non appena il soggetto con il visore la prende). Poi si avverte odore di fumo e siamo con il Brucaliffo che ci interroga su quanto ci è stato detto in precedenza, bisogna essere più furbi di lui, fregarlo con le parole e la logica ed essendo un attore che risponde non è necessariamente facile. Ci farà mangiare un fungo che vediamo con il visore ma allungando la mano si sente, c’è. Con un po’ di coraggio lo si mette in bocca (è una meringa) e si cresce. Finendo in un luogo di scacchi dove cercare di agguantare una corona. Il gioco è avvincente, appena ci si avvicina la corona si allontana, la si segue cercando di prenderla fino a che sembra quasi di avercela fatta ma arriva di nuovo la voce dell’uomo che all’inizio ci ha fatto entrare, ci chiama da lontano e ci leva cuffie e visore. Siamo nella stanza iniziale con tutte le tende chiuse e lui ci dice “Ti sei addormentato. Cosa hai sognato?”.
Semplicemente perfetto.

SPECIALE FESTIVAL DI VENEZIA

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