Uno dei punti di forza di Piuma, la commedia di Roan Johnson, è la dinamica tra attori, i tempi comici che tutto il film riesce a costruire, specie nelle scene con tanti personaggi in campo. Abbiamo intervistato separatamente Roan Johnson e i due attori protagonisti, Luigi Fedele e Blu Yoshimi, per capire come si arrivi a un simile risultato.

Mentre con il regista ci siamo soffermati sulla ricerca di un equilibrio tra personaggi particolari e quasi tragici in un film che facesse ridere, e poi siamo arrivati a discutere del suo intervento sulle scene e dei molti ciak, con i due giovani attori abbiamo approfondito il loro contributo nonché il loro punto di vista.

Non hai mai pensato che dovevi evitare che il protagonista, Ferro, risultasse antipatico invece che simpatico?

Roan Johnson: “Onestamente no. Lui ha una sua saggezza intrinseca elevata che forse gli viene dall’incoscienza o dall’ottimismo utopico e folle. Intanto ha chiara una cosa: la paternità, di cui non ha capito niente ma sa che vuol dire stare accanto a Cate. La scelta è di lei ma lui le starà a fianco e non la lascerà. Credo sia la cosa più importante che fa nel film. Inoltre ritengo abbia una follia magica che lo porta ogni volta a librarsi sopra i problemi. Una qualità che magari avercene! Io vorrei sempre un Ferro accanto”.

Ferro ha un padre che pare non sopportarlo, e questo di nuovo non è un dettaglio drammatico anzi fa molto ridere, c’è sempre l’equilibrio tra il poterlo raccontare come parte di una tragedia e invece scoprirlo in una commedia. Come lo ottieni?

RJ: “Tutte le grandi commedie puoi raccontarle come tragedie perché al centro c’è un conflitto e il conflitto puoi raccontarlo con atteggiamento tragico o con leggerezza, facendolo sfociare nella commedia. Il padre di Ferro pensa che lui sia un coglione, uno scemo, ma comunque se la prende tantissimo per le sue decisioni, il che fa capire che gli vuole bene e vuole il suo bene”.

Il film è scritto molto bene ma mi pare che la dote migliore sia frutto di altro. È la maniera in cui il risultato finale dell’interazione di gruppo abbia delle qualità dinamiche e dei tempi comici impeccabili. Li stabilisci nel copione e sono lì sulla pagina o si possono ottenere solo sul set?

RJ: “Da un lato quando scrivo ho un ritmo di lettura mio interno per il quale vedo quella cosa che vedi te, l’interazione tra i personaggi. La pre-vedo diciamo. Poi certo va raffinata perché ogni attore porta con sé il suo bagaglio di esperienze. Pierattini [il padre del protagonista ndr] era l’unico che avevamo già scelto prima di finire la sceneggiatura, quindi in scrittura sapevo dove sarebbe andato a parare con il suo stile, gli altri invece li ho dovuti plasmare verso un certo risultato”.

Sul set dai molte indicazioni agli attori riguardo i tempi?

RJ: “Sì molto. Mi piace lasciarli liberi eh, ma sono molto meticoloso. Cerco di fare tutto prima dell’arrivo sul set perché lì già di mio faccio tanti ciak, infatti non so come avrei fatto con la pellicola, grazie a Dio lavoro in digitale. A ogni ciak aggiusto qualcosina della recitazione e gli do dei tempi, poi però devo anche stare attento perché se strafaccio e mi impongo troppo il risultato peggiora, a un certo punto devi lasciare gli attori liberi”.

Qual è la scena che hai girato più volte?

RJ: “Quello che non andrebbe raccontato ai produttori è quel che è successo girando la prima, quando Ferro e Cate si incontrano davanti alla chiesa. Ho fatto 31 ciak e poi l’ho voluta rigirare e sono arrivato a 23 ciak. In totale 54! E figurati che alla fine ho anche tagliato metà di quella scena. Un disastro. Ma lì mi sa che c’era un problema già di scrittura”.

Dopo questa conversazione siamo andati dagli attori Luigi Fedele e Blu Yoshimi per la loro versione.

Roan dice che avete girato tantissimi ciak e di una scena addirittura 54 in due tranche. Lui interviene molto, avete sentito la sua ingerenza?

Blu Yoshimi: “Sicuramente per ottenere la fluidità e la naturalezza che si è creata in questo film è necessario un grande lavoro sia di scrittura che di movimenti di macchina, con dei piani sequenza che funzionavano come coreografie”.
Luigi Fedele: “Credo che essendo una commedia particolare dovesse avere un ritmo molto preciso e in questo Roan è stato bravo, è uno dei suoi punti di forza principali. È un regista moderno quindi interviene molto per creare una certa armonia. Cioè io l’ho visto dare indicazioni buttandosi per terra”.

Ma fare 54 ciak non è un incubo? Non è estenuante farlo per un mese e mezzo di riprese?

LF: “Un po’ è alienante ma dipende anche da chi è il regista. Perché arrivare a un ciak successivo con una consapevolezza accresciuta rispetto al precedente fa la differenza”.
BY: “Concordo, dipende se stai ripetendo le stesse cose o se invece stai puntando a qualcosa di meglio”.

Di ciak in ciak le battute erano sempre le stesse o c’era un margine di adattamento?

LF: “C’è stato grande margine di adattamento anche prima delle riprese. Roan, essendo toscano, era affascinato dal mondo dei ragazzi di 18 anni che vivono a Roma, quindi abbiamo cercato uno slang preciso. Alle volte se tiravo fuori una parola che non conosceva era contento e la inseriva”.

Qual è la scena che avete girato che ritenete più significativa?

LF: “Una che mi piace molto è quella con Sergio Pierattini, mio padre nel film, quando siamo nello scantinato. È quella che mi fa più ridere, ha dei ritmi che funzionano tantissimo, ogni volta che la vedo mi rimetto a ridere e mi rende fiero”.
BY: “A me non piace riguardarmi ma a livello emotivo la scena in cui con Ferro decidiamo se dare in adozione la bambina o meno. Lì per lì ero emozionata, perché mi ero resa conto di quanto fossi affezionata a questa bambina che non esisteva eppure era come se ci fosse”.

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