La recensione di Dogman, presentato in concorso al Festival di Venezia 2023

Si dipinge la faccia di bianco allo specchio come il Joker di Todd Phillips, pronto ad entrare in scena in quella tragedia che ha trasformato in uno spettacolo: il Dogman di Luc Besson, Doug (Caleb Landry Jones), è ancora un individuo fragile tra i tanti che Besson ha messo in scena lungo la sua carriera (Léon, Nikita, Il quinto elemento) e proprio come il villain di Joaquin Phoenix lotta per affermare nel mondo un’immagine che sia di sua scelta. L’identità come un riflesso, un travestimento, una mise en scéne. Peccato che tutti questi spunti fatichino parecchio a farsi discorso, mentre il film si perde in un passato ossessionante che fagocita tutto il resto – film e personaggio.

Perché del pasato si parla, Dogman comincia in medias res, quasi alla fine del racconto: Doug viene arrestato (scopriremo poi perché) e racconta alla psichiatra Evelyn (Jojo T. Gibbs) della sua infanzia violenta e traumatica, sa...