La recensione di I delinquenti, il nuovo film diretto da Rodrigo Moreno, in arrivo al cinema dall’11 aprile.

Se con Tenet (2020) Christopher Nolan aveva realizzato un “film-palindromo”, I delinquenti di Rodrigo Moreno potrebbe essere definito il “film-anagramma”. Cinema d’autore lento e sinuoso, lungo più di tre ore ripartite in altrettanti capitoli cambia pelle continuamente, come se si divertisse a provare nuove combinazioni dei suoi elementi. Parte dramma surreale sulla burocrazia del lavoro, diventa film carcerario, poi romantico, si apre a parentesi idilliache tipo Una gita in campagna e perfino a riflessioni meta-cinematografiche. Ma c’è un equilibrio dietro la follia. In effetti, dovendo trovargli un difetto si potrebbe accusarlo di eccessivo schematismo, di voler dimostrare ad nauseam un teorema narrativo che alla lunga lo rende arido, minandone un po’ la poesia ironica e stralunata.

Buenos Aires. Un impiegato modello di una banca (Daniel Elías) stanco della sua vita alienante...