La recensione del film di chiusura del Festival di Venezia, La società della neve di J. A. Bayona

Il dolore sta nei dettagli, ce ne accorgiamo quando J. A. Bayona fa cadere l’aereo che fin dall’inizio sappiamo che cadrà, il volo privato che con sopra una squadra di rugby, alcuni loro parenti e pochi altri passeggeri, e che va a sbattere contro la cordigliera delle Ande, spezzandosi in due e lasciando i sopravvissuti tra le nevi. Sono dettagli di ossa rotte, corpi schiacciati, colpi, sedili sbalzati nel vuoto e via dicendo. Se pochi anni fa Robert Zemeckis aveva ricreato il miglior incidente aereo in un film con Flight, Bayona cerca di giocare in un altro campionato, rimanendo molto concentrato su quel che il suo film è: una storia corpi che ce resistono e corpi che cedono. 

Fino a quel momento abbiamo avuto un po’ di tempo per familiarizzare con questo ampio gruppo di personaggi, una squadra per l’appunto, e da quando rimangono nella neve, intenti a sopravvivere, invece il film l...