La recensione di Un uomo felice, al cinema dal 9 marzo

Non c’è dubbio che la commedia politica Un uomo felice sia un film furbo: almeno, lo è a livello comunicativo. Diretto da Tristan Séguéla, come bene sa fare il cinema francese (si pensi solo ad Alice il Sindaco, che però era di tutt’altra sostanza di scrittura) il film parla infatti con toni diretti e leggeri dei meccanismi politici e sociali dietro una figura come un sindaco di una piccola cittadina di provincia. Lo fa con divertimento, entusiasmo. Ma la facilità dei meccanismi di trama e lo sbilanciamento verso la parte finale lo rendono piuttosto banale, generalista. Troppo poco a fuoco per riuscire a parlare e non solo a mostrare.

Il tema principale attraverso cui Un uomo felice mette in luce le contraddizioni della società è quello dell’identità di genere, che è anche la premessa comico/drammatica del film: proprio quando Jean (Fabrice Luchini) sta preparando la sua ricandidatura alle elezioni comunali, la moglie Edith (