La recensione di Stephen Curry: Underrated, il documentario disponibile su AppleTv+ dal 21 luglio

Non ci sono dubbi che Stephen Curry: Underrated sia figlio di The Last Dance, anche se non è una serie, anche se non racconta una carriera. Lo è perché usa il flashback in un documentario e mette a confronto il presente (la stagione 2022) con il passato di Stephen Curry, raccontandoli in parallelo, per dimostrare la lotta per l’eccellenza. Per Michael Jordan era una questione di intensità e di mentalità vincente, per Curry è il più classico superamento di un ostacolo che sembra insormontabile (sfondare nell’NBA essendo basso e gracile), ribaltando quelli che tutti considerano difetti in pregi e usando il pensiero divergente per immaginare diversamente il proprio sport. Ovviamente attraverso la dedizione e il duro lavoro, la lente del cinema americano per eccellenza.

Utilizzando video amatoriali domestici e poi riprese più professionali viene raccontata la prima stagione di Curry nel campionato NCAA (quello dei college, una sorta di campionato giovanile ma molto più importante di come siano i campionati giovanili da noi). Lui non è il classico predestinato e deve diventarlo. Di contro il documentario non fa un ottimo lavoro sul presente, lo schiaccia sulle riprese casalinghe e immagini generiche di una stagione che sembra non avere molto da raccontare (anche se poi alla fine tutto avrà un senso), e invece ogni volta che torna indietro e continua il racconto di quella prima stagione al college trova la maniera migliore di incrociare i veri fatti con lo svolgimento tipico del cinema di sport.

Alla fine non ne esce un vero e proprio dietro le quinte della formazione di un campione come forse vorrebbe l’autore Peter Nicks, né in fondo una vera spiegazione della maniera in cui il gioco di Curry ha influenzato e cambiato l’NBA. Solo la genesi di quel gioco, come sia nato, perché e per rispondere a quali problemi (ma soprattutto attraverso quale dedizione). Ad emergere tra le pieghe è inoltre uno sguardo non banale sulla pressione e l’abitudine alla lotta per emergere fin da giovanissimi. Non è banale il modo in cui Underrated maneggia i materiali video che ha a disposizione, facendo un grande uso dei video più amatoriali che non hanno a che vedere con lo sport ma raccontano la vita nel college di Curry, e il modo in cui li fonde poi con le immagini sportive sembrano raccontare più che altro l’età giovane a contrasto con la mentalità incrollabile. La stessa dei successi del presente. Che ancora una volta però è una delle trovate più coinvolgenti di The Last Dance.

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