Killers of the Flower Moon è uno dei film più attesi della 76 esima edizione del Festival di Cannes, che si apre ufficialmente oggi. La pellicola di Martin Scorsese è in sviluppo dal 2016 e verrà presentata alla stampa e al pubblico il 18 maggio, per poi arrivare nelle sale italiane il 19 ottobre grazie a 01 Distribution.

Proprio in occasione della premiere a Cannes, Scorsese ha rilasciato una lunga e approfondita intervista a Deadline nella quale, oltre a parlare diffusamente del film, è entrato anche nel dettaglio di questa fase della sua carriera e delle storie che vorrebbe raccontare in quello che giudica essere il poco tempo che gli rimane a disposizione (ha compiuto 80 anni a novembre):

Vorrei potermi prendere una pausa di due mesi e nel contempo girare un film [ride]. Il mondo intero si è aperto davanti a me, ma ormai è troppo tardi. È troppo tardi. Sono vecchio. Leggo roba. Vedo cose. Voglio raccontare storie… ma non c’è più tempo. Kurosawa, quando ricevette il suo Oscar, si rivolse a George [Lucas] e Steven [Spielberg] mentre glielo davano: ‘Solo ora inizio a comprendere le possibilità di quello che potrebbe essere il cinema, ed è troppo tardi.’ Aveva 83 anni. All’epoca, mi dissi: ‘Ma cosa intende?’ Ora so benissimo cosa intende.’

Il tempo che passa è proprio uno dei motivi per cui Scorsese non riesce a rimanere con le mani in mano: due sono i progetti a cui sta lavorando, uno è The Wager adattato sempre da uno scritto di David Grann con Leonardo DiCaprio, l’altro è un biopic di Jerry Garcia con Jonah Hill.

Killers of the Flower Moon e il futuro del cinema

Killers of the Flower Moon

Nell’intervista, Scorsese parla anche dell’attuale panorama cinematografico post-pandemico, in cui il pubblico è tornato al cinema e in cui streamer come Apple TV+ decidono di far uscire in sala un blockbuster per adulti da 200 milioni di dollari come Killers of the Flower Moon. Ma c’è ancora pubblico per questo genere di pellicole in sala?

È questa la domanda, davvero. Chi ha detto che il cinema avrebbe continuato come ha fatto per gli ultimi cento anni? Negli ultimi 25 anni le cose sono cambiate, negli ultimi cinque anni le cose sono cambiate, e solo nell’ultimo anno, le cose sono cambiate. Chi dice che continuerà a esistere nello stesso modo? Un mondo nel quale le persone vanno a vedere un film come Le catene della colpa o Il bruto e la bella, in un cinema, su un grande schermo con 1.000 o 2.000 persone nel pubblico, un sabato o una domenica pomeriggio o sera? Mi piacerebbe che continuasse in quel modo, perché è come lo conoscevo io. E so che un’esperienza comunitaria con un pubblico, con qualsiasi film su un grande schermo, è migliore di una in cui si guarda un film da soli. Ne sono certo. Ma la natura della tecnologia è tale che è stato creato un mondo completamente nuovo. In quel mondo, ci sono certi film, per esempio, per i quali anche io direi: “Aspettiamo e vediamolo in streaming.”

Ma stai parlando con un uomo di 80 anni. Le persone di dieci, venti, trenta, quarant’anni dovrebbero vivere i film come un’esperienza comunitaria, in un cinema. Film come Super Mario Bros. sono fantastici per i giovani. Ma piacciono anche a un pubblico più maturo. Solo che poi si rischia di arrivare a un punto in cui si penserà solo al fatto che un film è un adattamento di un videogioco o un tentpole [un grande evento cinematografico].

Pensano che sia quello il cinema? Lo è fino a un certo punto, e quando ero bambino, Il giro del mondo in 80 giorni era un grande evento cinematografico. Lo schermo era incredibile, era Todd-AO. Non dimenticherò mai l’introduzione in Technicolor, con Edward R. Murrow. Il razzo si alza, il tendone si apre, scopre lo schermo gigantesco e vediamo questo magnifico documentario di viaggio che è Il giro del mondo in 80 giorni. È un tipo di film, ma non è tutto il cinema.

Penso davvero che ci si debba concentrare per coltivare l’apprezzamento per i film che poi il pubblico andrà a vedere al cinema quando sarà più adulto. Il che significa che anche i cinema devono aiutarci. E diranno: “Beh, abbiamo appena proiettato un piccolo film indie”. Tutto è diventato catalogato. E se quello schermo si trovasse in una sala confortevole? Non un buco con uno schermo più piccolo di quello che hai a casa. Perché è a quel punto che il pubblico andrà al cinema con degli amici e reagirà anche a quel film. Non puoi mai sapere. Quella persona potrebbe uscire dalla sala e scrivere una sceneggiatura o un romanzo che diventerà una sceneggiatura che diventerà un film di punta che farà guadagnare più soldi ai cinema in futuro. Spielberg e io siamo andati a vedere Jules e Jim, e lui è diventato amico di Truffaut e Fellini. Quei film l’hanno influenzato. Penso che si potrebbe creare un’esperienza di questo tipo con Killers of the Flower Moon, in un cinema, per le persone che vogliono vedere questo tipo di film.

E quando le persone parlano di quanto denaro sto spendendo, la realtà è che parlano di quanto denaro sta spendendo Apple. Se Apple mi ha dato una certa somma, il mio pensiero è: ‘Ok, devo farlo per quella somma’. Potrebbe venirti voglia di chiedere ‘Me ne date di più?’ Ma a volte avere più soldi non è necessariamente la cosa migliore. Si cerca di fare un film per la cifra concordata e, credetemi, è quello che faccio io. Discorso diverso per The Irishman, dove Netflix ci diede dei soldi extra per la CGI.

Il rischio è lì davanti, in primo luogo il mostrarlo in un cinema. Ma è un rischio questo tipo di argomento, e poi la durata. È un film impegnativo. So che potrei sedermi e guardare un film per tre o quattro ore in un cinema, sicuramente cinque o sei ore se fossi casa. Suvvia… Dico al pubblico là fuori, sempre che ci sia un pubblico per questo tipo di cose: “Impegnatevi. La vostra vita potrebbe uscirne arricchita. Questo è un tipo diverso di film; penso davvero che lo sia. Ebbene, io l’ho fatto per voi, quindi dai, impegnatevi e andate al cinema a vederlo”.

Passate la serata, o il pomeriggio con questo film, con questa storia, con queste persone, con questo mondo che riflette sul mondo in cui viviamo oggi molto più di quanto potremmo pensare.

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